"Il coinvolgimento delle
farmacie nella campagna vaccinale anti Covid 19 potrebbe essere
condivisibile nell'ottica di raggiungere in tempi brevi la
copertura vaccinale della popolazione, ma richiederebbe
necessariamente la presenza di un medico o della sua
supervisione nelle fasi di: raccolta dell'anamnesi e del
consenso informato, in modo da poter valutare lo stato di salute
delle persone e deciderne l'arruolamento o meno ai diversi
vaccini, durante la loro inoculazione, nel periodo
immediatamente successivo di osservazione clinica, per
intervenire prontamente in caso di reazioni avverse". Lo afferma
in un più ampio documento, Carolina De Vincenzo, presidente
della Commissione 'Albo medici' dell'Ordine provinciale di
Campobasso.
"Non basta - osserva - un corso di vaccinatore, peraltro
eseguito online per prescrivere e fare diagnosi, atti esclusivi
della professione medica, e garantire la sicurezza delle cure.
Gli atti medici non sono delegabili, sanciti da norme giuridiche
e deontologiche, anche nell'eccezionalità del momento storico e
sanitario che stiamo vivendo. Lo ricordiamo a difesa non
corporativa di una professione giuridicamente e
deontologicamente corretta".
De Vincenzo si sofferma anche su un altro aspetto. "Siamo
anche perplessi - si legge nel documento - che il divieto
previsto dall'articolo 102 del Testo unico delle leggi
sanitarie, sull'esercizio della professione medica in farmacia,
possa essere così facilmente superato, in assenza di una
regolamentazione che eviti un possibile conflitto di interessi.
Visto che moltissimi medici si sono resi disponibili a
vaccinare, non si comprende perché sia consentito ai non
iscritti ai nostri Albi di esercitare la professione, rendendone
di fatto legittimo l'abuso, con una deregulation davvero
pericolosa anche per il futuro".
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