La chiusura in Molise, dallo
scorso 1/o luglio, delle attività delle Unità speciali di
continuità assistenziale (Usca) sta sollevando critiche da parte
di medici, sindacati di categoria ed esponenti delle istituzioni
locali. "Si tratta - osserva su Facebook Federico Di Renzo,
responsabile nazionale giovani, formazione e precari del
Sindacato nazionale autonomo medici italiani (Snami) - di una
notizia che tutti noi ci saremmo augurati fosse legata alla
diminuzione dei casi e all'allentarsi della morsa del Covid-19.
Ebbene, la situazione attuale è esattamente opposta: stiamo
assistendo, nelle ultime settimane e ancora di più negli ultimi
giorni, a un aumento esponenziale dei contagi. Da maggio 2020 -
prosegue - le Usca hanno gestito quotidianamente l'assistenza ai
pazienti Covid positivi tramite colloqui telefonici quotidiani,
visite domiciliari periodiche, terapie monoclonali e antivirali:
un lavoro eccezionale che ha consentito di allentare il carico
sugli ospedali nei periodi più bui della pandemia. La chiusura
delle Usca lascia quindi la nostra regione in una situazione di
sconcerto e incertezza, in primis per i pazienti, ancora troppo
numerosi e destinati probabilmente ad aumentare, ma anche per i
colleghi del ruolo unico di Assistenza primaria, i Pediatri di
libera scelta (Pls), i medici del 118, che in questi mesi hanno
collaborato con i medici delle Usca e hanno potuto contare sul
supporto di squadre dedicate, attive 7 giorni su 7". Dal 1/o
luglio, dunque, "a meno di un augurabile ripensamento, la
gestione dei pazienti positivi al Coronavirus ricadrà su Medici
di medicina generale (Mmg), già oberati di lavoro e,
inevitabilmente, sulla Continuità assistenziale (Ca), sul
servizio di Emergenza territoriale e sugli ospedali, con un
certo passo indietro rispetto all'inizio dell'emergenza.
Chiediamo quindi urgentemente all'Azienda sanitaria regionale
(Asrem) - conclude - di conoscere i percorsi pianificati per la
gestione del paziente Covid-19 positivo sul territorio".
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