Il Consiglio di Stato ha
accolto il ricorso presentato da alcune emittenti tv locali di
diverse regioni italiane e ha annullato il Dpr 146/2017 relativo
ai contributi pubblici alle emittenti televisive locali. Lo
hanno reso noto nel corso in conferenza stampa a Campobasso gli
avvocati Massimo Romano, Pino Ruta e Margherita Zezza ai quali
si erano affidate le emittenti ricorrenti (di Puglia, Umbria e
Piemonte, per altri ricorsi riferiti a emittenti di Molise,
Abruzzo e Sardegna il pronunciamento è atteso nelle prossime
settimane). La riforma fu varata nel 2017 dal governo Gentiloni
che modificava i criteri delle sovvenzioni pubbliche alle
emittenti locali.
I fondi sono andati quasi tutti, il 95 per cento, alle prime
100 emittenti in graduatoria, e alle altre sono rimaste solo
pochissime risorse. Ora il Consiglio di Stato ha dichiarato
illegittimo il decreto perché violava il pluralismo
dell'informazione. "La legge prevedeva uno stanziamento di
contributi pubblici per garantire il pluralismo e creare la
concorrenza - hanno spiegato gli avvocati - mentre in realtà si
è verificato esattamente il contrario: il Consiglio di Stato ha
accertato la violazione del pluralismo dell'informazione e ha
accertato l'illegittimità di un meccanismo che viola il
principio di concorrenza e che nei fatti ha rischiato di
determinare un effetto oligopolistico anche sul mercato delle
televisioni locali". La graduatoria è unica nazionale quindi la
vicenda ha una ricaduta su tutte le emittenti locali. "Ora -
hanno concluso i legali - la nostra priorità è mettere in
esecuzione il prima possibile questa sentenza perché oggi c'è la
necessità di ridare ossigeno a tutte quelle emittenti che hanno
avuto solo le briciole, solo pochi spiccioli dei milioni e
milioni di euro che sono stati assegnati alle prime cento
emittenti in graduatoria in base a criteri non meglio chiariti e
definiti". Nel giudizio, che riguarda il 2017, tra coloro che si
sono schierati contro il ricorso delle emittenti locali, c'erano
anche sindacati, Confindustria e Auditel. Solo per il primo
anno dopo la riforma erano stati stanziati 80 milioni, analoghe
risorse sono state stanziate anche negli anni a seguire.
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