Otto quadri importanti, appartenenti
al patrimonio dello Stato italiano, sono "prigionieri di guerra"
a Belgrado, in bella mostra nelle sale ovattate del Museo
nazionale serbo: da molti anni la procura di Bologna ne chiede
invano la restituzione, dopo che i carabinieri hanno scoperto
per caso, e poi ricostruito, questa incredibile vicenda. Ora
un'inchiesta giornalistica rivela che i quadri che dovrebbero
essere riconsegnati all'Italia, perche' illecitamente esportati
e poi trafugati dal Centro di raccolta di Monaco di Baviera,
dove gli alleati avevano stipato tutte le opere d'arte razziate
dai nazisti, non sono solo otto, ma piu' del doppio.
La truffa - come racconta il libro "Bottino di guerra"
(Mursia), dei giornalisti Tommaso Romanin e Vincenzo Sinapi -
viene preparata per mesi e si consuma in due giorni, il 2 e il
10 giugno 1949, quando 50 quadri, otto icone e una gran
quantita' di oggetti antichi e preziosi - tappeti, arazzi,
candelabri, monete, in tutto 166 articoli - lasciano per sempre
il Collecting point di Monaco di Baviera. Il faccendiere croato
Ante Topic Mimara mette a segno il colpo con la complicita' di
una giovane funzionaria tedesca del Centro, Wiltrud Mersmann,
che poco dopo sarebbe diventata sua moglie. I beni raggiungono
in treno la Jugoslavia e vengono incamerati dal Museo nazionale
di Belgrado.
Solo che quei 166 oggetti non appartengono alla Jugoslavia.
I Monuments men americani se ne accorgono quasi subito e li
chiedono indietro, ma invano. Poi, per evitare tensioni
diplomatiche, dopo qualche anno desistono. Dopo la grande truffa
Mimara, un personaggio enigmatico e forse una spia, diventa
uccel di bosco. Rodolfo Siviero, il celebre 007 italiano
dell'arte, artefice di alcuni clamorosi recuperi, le tenta
tutte, ma invano. Nel frattempo i quadri restano stoccati nei
depositi del museo e, in anni relativamente recenti, restaurati,
inventariati e catalogati anche con l'aiuto, ironia della sorte,
del Governo italiano e di alcune sovrintendenze. Una
collaborazione tra Italia e Serbia che si e' tradotta anche in
una serie di mostre su entrambe le sponde dell'Adriatico.
Proprio da una di queste prende le mosse l'inchiesta della
Procura di Bologna. Succede infatti che nel 2014, compulsando il
web in una ricerca qualunque, un appuntato del Nucleo Tutela
patrimonio culturale di Firenze si imbatte in un quadro esposto
in una rassegna allestita a Bari e a Bologna dieci anni prima,
tra il 2004 e il 2005. Quel quadro pero' non doveva trovarsi
li' : acquistato da Goering, il braccio destro di Hitler,
durante la Seconda guerra mondiale, era stato illecitamente
esportato in Germania ed era inserito negli elenchi dei beni
culturali ricercati e da riportare in Italia, 'dettaglio' di cui
nessuno si accorge.
Le indagini successive aprono il vaso di Pandora del Museo
di Belgrado, dove i Carabinieri scoprono altri sette dipinti che
avevano fatto lo stesso percorso. Tutti e otto - gli "otto
prigionieri di guerra", capolavori di artisti attivi tra il '300
e l'800, da Paolo Veneziano a Vittore Carpaccio, da Tiziano a
Tintoretto - facevano parte dei 166 oggetti portati via col
raggiro dal Collecting point di Monaco di Baviera.
Una scoperta clamorosa, da cui ha preso le mosse
un'inchiesta coordinata dal pm Roberto Ceroni (ora conclusa con
sentenza in giudicato del giudice Gianluca Petragnani Gelosi)
che ha portato, tra l'altro, a chiedere l'immediato sequestro
delle opere d'arte. Pero' , nonostante due rogatorie e una
confisca disposta nel 2018, le autorita' serbe hanno risposto
picche e i quadri si trovano sempre al loro posto, a Belgrado.
Ora l'inchiesta giornalistica ha aggiunto nuovi tasselli:
dall'analisi di una gran mole di atti desecretati e dalle
informazioni raccolte sul posto, e' infatti emerso che la quasi
totalita' dei quadri che Mimara porto' via con l'inganno da
Monaco di Baviera oggi si trovano a Belgrado e che, di questi,
ben 17 fanno parte della collezione italiana del Museo nazionale
serbo. Non solo gli "otto prigionieri", dunque, ma piu' del
doppio.
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