Intervenire tempestivamente con gli
inibitori di Pcsk9, farmaci usati per abbassare il colesterolo
'cattivo', nei pazienti con livelli alti nella terapia
post-infarto aiuta a ridurli. Il dato emerge dallo studio 'At
Target-It', che ha coinvolto i reparti di Cardiologia
dell'ospedale Mauriziano di Torino, dell'ospedale Maggiore della
Carità di Novara e il presidio ospedaliero di Rivoli.
In Piemonte sono 10mila gli infarti all'anno e un paziente su
cinque rischia un secondo episodio entro dodici mesi. Il
colesterolo Ldl è un fattore causale modificabile per prevenire
nuovi eventi, ma oltre l'80% dei pazienti non raggiunge i
livelli raccomandati.
"Circa il 25% dei pazienti del nostro centro sono stati
trattati con l'approccio colpisci presto e colpisci forte -
spiega Giuseppe Musumeci, direttore di Cardiologia dell'Azienda
Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino - Con l'uso degli
anticorpi monoclonali inibitori di Pcsk9, in associazione a
statine ed ezetimibe, si riesce a portare i pazienti a
raggiungere i livelli di Ldl target in oltre il 95% dei casi
entro i 6 mesi, con una riduzione del colesterolo Ldl di oltre
il 75%. Nell'ultimo anno abbiamo osservato una diminuzione
significativa dei secondi eventi, con benefici per i pazienti
che migliorano la qualità e la durata della vita e con una
riduzione dei costi legati ai ricoveri evitati", aggiunge
Musumeci.
"Un secondo risultato significativo è l'aderenza alla terapia
- continua Musumeci - i dati mostrano un tasso del 97% di
aderenza agli anticorpi monoclonali inibitori Pcsk9 a 6 mesi. Si
tratta di terapie iniettive, e a questa modalità di
somministrazione sia il paziente che il medico di medicina
generale, attribuiscono molta importanza; pertanto, risulta
molto difficile che vengano sospese in modo autonomo".
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