(di Isabella Maselli)
Giuramenti stretti con il sangue,
agguati in pieno giorno davanti ai bambini, estorsioni a tappeto
alle attività economiche, dalle discoteche alle corse dei
cavalli, alla società del Foggia Calcio. E' la quarta mafia, la
"Società" foggiana, i cui vertici sempre in guerra tra loro per
regolare la gestione degli affari ma poi uniti dall'interesse
comune di fare profitti, sono stati arrestati all'alba da
Polizia e Carabinieri in quella che è stata battezzata la
"Decima azione". Decima in ordine di tempo nei confronti di
questo gruppo criminale, ma anche nel senso di 'decimazione',
perché in 30 sono finiti in manette nella maxi-operazione della
Dda di Bari che ha messo insieme gli atti giudiziari di undici
diversi procedimenti penali.
Dagli inquirenti, primo fra tutti il procuratore nazionale
antimafia Federico Cafiero de Raho, l'appello a denunciare. Solo
due degli imprenditori vittime delle estorsioni, infatti, hanno
parlato. Lo stesso gip denuncia lo "stato di omertà assoluta",
mentre "serve una rivoluzione culturale, perché non c'è crescita
se non c'è libertà dal condizionamento mafioso".
Gli esponenti della criminalità organizzata foggiana,
appartenenti alle due "batterie" Sinesi-Francavilla e
Moretti-Pellegrino-Lanza, non si fermavano davanti a niente:
quattro bambini avrebbero assistito alla morte o al ferimento
dei loro cari, uno di loro è stato ferito nell'agguato al nonno.
La capacità di infiltrarsi con la violenza e le armi in tutti
i settori dell'economia foggiana è arrivata al punto di imporre
l'ingaggio di giocatori al Foggia Calcio, quando militava in
Lega Pro, tra i quali il figlio del defunto boss Rodolfo Bruno:
tutto ciò a fronte dell'atteggiamento "pavido" - scrive il gip -
dell'allora direttore sportivo Giuseppe Di Bari e del mister
Roberto de Zerbi, ora allenatore del Sassuolo. I due, "lungi da
denunciare, come dovrebbe fare ogni vittima di estorsione, hanno
preferito in maniera pavida accettare supinamente le richieste
formulate, abiurando anche a quei valori di lealtà e correttezza
sportiva che dovrebbe ispirare la loro condotta".
Per non avere intralci nelle loro attività illecite, gli
esponenti della "Società" avrebbero anche progettato di uccidere
un poliziotto, un "bastardo" da "sparare in testa". E poi ci
sono le minacce alle vittime di estorsione: "prepara 50 mila
euro e altri 4 mila al mese sennò ti devo uccidere", solo per
citare una delle centinaia di migliaia di intercettazioni.
Soldi, beni e assunzioni venivano imposti, in modo
"parassitario e tentacolare", ad agenzie di pompe funebri (50
euro a funerale, grazie anche alle segnalazioni dei decessi da
parte di dipendenti comunali), ai fantini delle corse dei
cavalli per truccare le scommesse, a grandi gruppi
imprenditoriali come il "Don Uva" delle residenze sanitarie per
anziani e disabili.
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