(di Lorenzo Attianese)
E' in quarantena da due mesi, fin da
quando lo scorso 24 gennaio in Cina fu decretato il suo primo
isolamento. E nel corso di questi sessanta giorni, pur restando
quasi tutto il tempo chiuso in casa, ha vissuto diverse odissee.
"Ma la quarantena imposta dal regime di Pechino è completamente
differente da quella italiana", spiega Cosimo Resta, 35enne
leccese che fino al gennaio scorso insegnava inglese
all'università di Xi'an.
"La Cina, non essendo un Paese democratico, impone le regole
in maniera molto più dura: lì chi esce senza permesso, oppure
oltre il giorno consentito, rischia multe salatissime e persino
il carcere - spiega Cosimo - . Ricordo che per quattordici
giorni mi è stato concesso di uscire solo un paio di volte.
Sotto i palazzi, nei quartieri, c'erano due 'guardiani' 24 ore
su 24: queste persone, ex lavoratori in pensione, sono state
assoldate appositamente dal governo per registrare gli
spostamenti delle persone dalle proprie case. Inoltre bussavano
alla porta chiedendo di misurare la temperatura almeno una volta
al giorno, oltre a registrarla ad ogni entrata e uscita. I primi
tempi ci era consentito di uscire una volta ogni quattro giorni,
ma in seguito non è stato più possibile neanche quello: per il
cibo si ordinava attraverso le app con il servizio a domicilio e
salivano le stesse guardie a portarlo".
Dopo essere stato costretto alla sua prima quarantena in
Cina, Cosimo ha poi fatto rientro in Puglia l'8 febbraio scorso
e, seguendo un protocollo dell'Asl di Lecce, è rimasto in
isolamento per altri 14 giorni nel casolare di campagna dello
zio. Una volta tornato a Parabita dai suoi genitori, dopo pochi
giorni è scoppiata l'emergenza Coronavirus in Italia e Cosimo si
è ritrovato di nuovo in quarantena, per la terza volta. "Per
fortuna adesso sono con la mia famiglia, quindi l'isolamento è
più sopportabile e faccio smartworking proseguendo le lezioni
con gli studenti di Xi'an. Certo i miei amici mi prendono in
giro dicendo che ormai non uscirò più dal ciclo delle
quarantene", scherza Cosimo cercando di riderci su.
"Penso che purtroppo qui in Italia, come nel resto d'Europa,
probabilmente si è intervenuti troppo tardi - aggiunge - . E poi
in Cina, trattandosi di un regime, c'è un rigore quasi assurdo".
Lo sa bene un amico di Cosimo, un informatico pugliese di 40
anni che qualche giorno fa, rientrando a Pechino si è ritrovato
i sigilli davanti alla porta. "Gli portano da mangiare e gli
misurano la temperatura ogni giorno dicendo: 'per il momento non
esci, altrimenti multa o carcere'. E se si azzarda a fare
jogging, perde il lavoro e viene rispedito al suo Paese. Ora chi
rischia di contagiare gli altri cinesi è lui, che viene
dall'Italia".
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