E' possibile migliorare la propria
'memoria di lavoro' (nota anche come memoria a breve termine)
allenandola attraverso un esercizio che utilizza, con
un'interfaccia cervello-computer, un segnale
elettroencefalografico per interagire con un ambiente virtuale,
provando ad esempio a spostare alcuni oggetti al suo interno.
Questa nuova metodologia per 'neurofeedback', cioè l'intervento
non invasivo a livello neurocognitivo per ottenere migliori
risultati mnemonici, l'ha messa a punto l'Avr Lab
dell'Università del Salento, il Laboratorio di Realtà virtuale e
aumentata (Dipartimento di Ingegneria dell'innovazione) diretto
dal professor Lucio Tommaso De Paolis. Il progetto è stato
portato avanti con il professor Sergi Bermúdez i Badia del
Madeira Interactive technology institute dell'Università di
Madeira (Portogallo).
"Abbiamo lavorato a una piattaforma che integra un'esperienza
immersiva, in un 'Cave per Vr', una stanza per la realtà
virtuale, con l'utilizzo di una Brain-Computer Interface",
spiega De Paolis. "L'obiettivo - aggiunge - è stato verificare
l'efficacia del 'neurofeedback' nel migliorare le performance
della memoria di lavoro e per imparare a controllare la propria
attività cerebrale. Utilizzando il segnale
elettroencefalografico acquisito, è possibile interagire con
l'ambiente virtuale: per esempio sollevare oggetti virtuali e
cambiare luminosità e colore di una lampada virtuale". "Sempre
più ricerche - prosegue - dimostrano l'effetto positivo dell'uso
della realtà virtuale nel 'neurofeedback training', perché la
sensazione di presenza e immersione in ambienti virtuali mette
in evidenza il controllo dei segnali cerebrali. Nella
progettazione di uno scenario virtuale immersivo ci sono diversi
fattori che possono influenzare il livello di immersione e, a
oggi, non vi è chiarezza su quali di questi fattori
contribuiscano al miglioramento delle prestazioni del
'neurofeedback'".
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