"Della sentenza del tribunale
dell'Aja guardiamo l'elemento essenziale, ovvero la riconoscenza
dell'immunità funzionale e quindi della giurisdizione italiana
che consentirà ai due fucilieri di poter dimostrare la loro
innocenza dinanzi al tribunale italiano". Lo dice all'ANSA Vania
Ardito, moglie del fuciliere di Marina Salvatore Girone. "Il
compenso dovuto agli indiani - prosegue - non è un risarcimento
per responsabilità dei nostri militari, ma è dovuto dalla
sentenza 'politica' del tribunale dell'Aja per trovare un giusto
compromesso per entrambi le parti. Lo preciso perché nessuna
figura istituzionale lo ha mai specificato".
I fucilieri Salvatore Girone e Massimiliano Latorre sono
accusati di aver ucciso nel 2012 due pescatori indiani, al largo
delle coste del Kerala, mentre erano a bordo della nave
commerciale italiana Enrica Lexie per una missione
antipirateria. "Italia e India - aggiunge la moglie di Girone -
hanno comunemente accettato di adempiere alla sentenza del
tribunale dell'Aja di luglio scorso, e quindi si sono presentati
congiuntamente dinanzi alla Corte suprema indiana per chiedere
di chiudere il caso. Ma ad agosto 2020 la Corte suprema indiana
ha detto alle parti che avrebbe voluto prima accertarsi che
fosse formalizzato un accordo per appagare le famiglie dei
pescatori. Da allora si è cercato di trovare un'intesa che è
stata comunicata lo scorso 7 aprile, ma di fatto la Corte ne ha
solo preso atto, senza chiudere il caso così come invece si
legge sui giornali. In realtà, la stessa ha fissato una prossima
udienza in India, il prossimo 19 aprile, e solo quando l'Italia
dimostrerà di aver effettuato la transazione della somma
concordata la Corte indiana chiuderà la procedura giudiziaria
nei confronti di Salvatore e Massimiliano". "Intanto - conclude
- continuano la restrizione e la privazione della libertà
personale dei due Fucilieri di Marina, come richiesto dalla
Corte indiana".
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