"Chi sa qualcosa parli!", è
l'appello del vescovo di Nuoro, mons. Mosè Marcia, che sentito
da Radio Vaticana, in merito alla morte dello studente Gianluca
Monni, il 19enne di Orune ucciso venerdì mattina, ha
sottolineato inoltre che "la gente è più che consapevole di ciò
che è avvenuto. Però il problema è che a questi giovani, noi
adulti non stiamo dando nessun valore, non stiamo dando loro il
rispetto per la vita, le speranze per andare avanti. Non è una
comunità disperata, è una comunità affranta, ma è anche una
comunità che gioca con le armi: ci sono troppe armi in giro".
Sul fenomeno delle armi il vescovo precisa che "in questa
parte della Sardegna è ancora forte. Non sono armi che si
possono trovare nel mercato libero, qui si parla di armi pesanti
che vengono usate solo in guerra. Nelle case, nelle abitazioni,
nelle famiglie ci sono. Il fatto è questo: un diciannovenne
ucciso da altri che non sono certamente anziani, sono altri
giovani. Che senso hanno della vita se la giocano così, se la
tolgono così?".
"Chi sa qualcosa parli. La questione è che è una società
abbandonata da tutti, lasciata a se stessa e poi da questa
società si pretende che si viva in un consorzio civile - ha
aggiunto il vescovo - ma se il consorzio civile l'ha abbandonata
come pretende di farsi avanti e usare le logiche della società
civile?". Per il vescovo "c'è l'abbandono del territorio da
parte delle istituzioni. Dove sono? E laddove ci sono stanno
sparendo. Con la scusa che non ci sono soldi si abbandona. Io mi
sono permesso, qualche mese fa, di dire al presidente della
Regione: stiamo attenti, state attenti che se si ritirano le
istituzioni, poi ritorna il concetto che la giustizia me la
faccio da me. E non c'è più rispetto della persona, anche da
parte delle istituzioni. Che cosa fa la Chiesa? Io, Chiesa, che
cosa faccio per questi giovani? Non riesco a fare nulla, non
riesco a fare granché tenendo presente che questi giovani poi
nel territorio non ci sono, vanno a cercare lavoro fuori".
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