New York, Valencia.
Fra pochi mesi Parma.
E ieri Cagliari. Roberto Abbado, figlio e nipote d'arte
(lo zio era Claudio Abbado), a sette anni dal suo ultimo
concerto in Sardegna, è tornato. E ha vinto di nuovo, giocando
questa volta la carta dei romantici Schumann e
Mendelssohn-Bartholdy.
A metà concerto, soprattutto dopo la sinfonia n. 4 in re
minore op 20, il pubblico del Lirico di Cagliari era già
ipnotizzato. Anche dalla sua presenza scenica. Poi la sinfonia
"italiana" di Mendelssohn-Bartholdy ha fatto il resto. Ed è
finita tra gli applausi con il direttore richiamato più volte
dal pubblico in sala. Perfetto così, anche un solo bis sarebbe
stato di troppo. Bene anche l'intesa con l'orchestra del Teatro
lirico di Cagliari.
Avvio di serata con L'Ouvertüre in do minore per Genoveva op.
81, capolavoro della produzione teatrale di Schumann composta
nel 1847 e ispirato dalla leggenda medievale della sfortunata
Genoveva di Brabante, accusata ingiustamente di infedeltà
coniugale. Quasi una fase di studio tra direttore e pubblico.
Con Abbado che in sette minuti ha messo tutti d'accordo.
Poi il colpo di grazia con la Sinfonia composta, invece, tra
maggio e settembre 1841. Quasi una sfida di Schumann con se
stesso: visto lo scarso successo, venne accantonata per dieci
anni per poi risorgere con nuova orchestrazione nella versione
definitiva sentita ieri a Cagliari, Nella Quarta Sinfonia in La
maggiore il romanticismo "felice" e ispirato dalla visita
italiana di Mendelssohn-Bartholdy: una cavalcata di trenta
minuti sino agli applausi finali.
E questa sera si replica.
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