Tra poco meno di 20 anni nelle aule delle scuole italiane ci saranno, al netto del contributo alla popolazione studentesca dato dagli immigrati, 2 milioni in meno di studenti. Ma studiare a lungo conviene e il valore di questo investimento è cresciuto nel tempo (nonostante il contemporaneo aumento percentuale della scolarità della popolazione). Questo vale sia per i redditi da lavoro dipendente (nell'ordine dell'8% per ogni anno di studio in più) sia per i redditi totali (rendimenti tra il 9 e il 14%, crescenti nel tempo). Questi vantaggi si osservano anche in riferimento alla probabilità di occupazione e alla dinamica dei redditi nell'arco della vita lavorativa.
Sono alcune evidenze ricavate dall'ultimo Rapporto sulla Popolazione presentato nei giorni scorsi all'Università Bocconi durante i Popdays2019, e curato da Gustavo De Santis e Elena Pirani, docenti di Demografia dell'Università di Firenze e Mariano Porcu, professore di Statistica Sociale dell'Università di Cagliari.
Il volume, edito da Il Mulino, fa parte della serie dei Rapporti biennalmente prodotti dall'AISP (Associazione Italiana Studi di Popolazione) della Società Italiana di Statistica. Il tema scelto per l'edizione 2019 è quello dell'istruzione, che è stata esaminata sotto vari profili: come è organizzata in Italia, come si è evoluta nel tempo, come è cambiata e cambierà in futuro l'utenza, quali aspetti problematici emergono (risorse investite e da parte di chi - pubblico o privato -, valutazione dei risultati, presenza straniera, aspetti differenziali, per territorio, genere, origine etnica, caratteristiche della famiglia di provenienza).
Hanno collaborato alla redazione del Rapporto studiosi in discipline di ambito statistico-demografico, sociologico e economico di diverse università italiane fra i quali Marco Pitzalis, professore di Sociologia dei processi culturali a Cagliari.
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