Quattrocento aziende chiuse da un mese senza alcuna prospettiva per il futuro. E seicento addetti sono a rischio. È il quadro sardo della Cna sul settore dell'artigianato artistico e tradizionale. Da qui un appello alla Regione: "In assenza di un forte intervento pubblico - avverte Peppino Mele, in rappresentanza delle imprese del comparto - sarà impossibile evitare il tracollo del settore.
Chiediamo di difendere delle aziende che rappresentano la storia, l'identità e la tradizione del nostro popolo". Molta preoccupazione "Le prospettive per i prossimi 15 mesi sono nefaste - scrive Mele all'assessore regionale all'artigianato Gianni Chessa -: è probabile che la stragrande maggioranza delle imprese non registri alcun incasso per oltre un anno, a prescindere dal fatto che l'attività riapra i battenti oppure no".
Anche perché, spiega Mele, " il perdurare del divieto di assembramenti e di qualunque altra attività sociale comporterà la cancellazione fino a data da destinarsi di tutta una serie di eventi nazionali e internazionali, fiere, sagre e mercati locali, nonché di matrimoni, cresime, battesimi, prime comunioni paralizzando di fatto tutta la filiera dell'artigianato artistico e tradizionale". Ma anche la "fase due" non dà grandi speranze.
"Si pensi, per esempio a chi, soprattutto per certe tipologie di produzioni, ha sinora dato la possibilità al cliente di indossare o anche solo toccare, l'oggetto dell'acquisto come nel caso di gioielli, abiti, tessuti, accessori alla persona: mancano in commercio i dispositivi di sicurezza e nei rari casi in cui siano disponibili vengono centellinati e hanno costi improponibili". Si aggiunge poi il fatto che molte imprese denunciano i mancati pagamenti, da parte dei loro clienti, di forniture pregresse che non erano state ancora saldate.
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