DI MARIA GIOVANNA FOSSATI
Il lavoro che si ferma due mesi per il lockdown, l'affitto e le bollette dello studio da pagare, ma niente bonus da 600 euro per quella categoria di professionisti a partita Iva che beneficiano di un contratto a tempo determinato, anche se di poche ore al mese. E poi, dopo aver aspettato il 4 maggio per tornare in studio e iniziare finalmente a lavorare, non si trovano i dpi come da indicazioni Inail e per settimane si continua a rimare disoccupati. Una storia diventata una gabbia senza via di uscita quella di una pedagogista e terapista nuorese, emblematica di quella categoria di 'invisibili' che non rientrano tra i destinatari delle misure erogate dal Governo per chi è andato in difficoltà economica durante l'emergenza Covid19.
"Non è possibile che pur avendo i requisiti richiesti le domande vengano rigettate solo perché alla nostra partita Iva si aggiunge un contratto marginale di tipologia diversa - testimonia all'ANSA la pedagogista - Ho fatto domanda per il Bonus ai primi di aprile e la risposta per dirmi che sono stata esclusa "perché titolare di un rapporto di lavoro dipendente" è arrivata solo qualche settimana fa. A questo punto mi spetterebbe un fondo di integrazione salariale - grazie alla cooperativa in cui presto servizio per 12 ore settimanali - pari a circa un terzo del Bonus, cifra che ancora oggi non è arrivata, nonostante la solerzia del mio datore di lavoro. Nel frattempo ho continuato a sostenere le spese per affitti e bollette, ma ora sono arrivata al limite". Un'ingiustizia per la dottoressa nuorese, dopo una vita di studio, formazione e sacrifici, e non è il solo torto che subisce.
"Il 4 maggio sarei voluta tornare a lavorare - spiega ancora - ma anche questo non mi è stato e non mi è ancora consentito: le mascherine, i guanti e i camici monouso come previsto dall'Inail per tutelare me e i miei pazienti a Nuoro non si trovano e così sono altre due settimane che aspetto un ordine che a questo punto non so quando arriverà". "Pur comprendendo la situazione eccezionale che si è venuta a creare con la pandemia - premette la terapista - ritengo che si sarebbero dovute fare delle distinzioni e non rigettare a priori le domande soltanto perché in essere vi è un contratto. Sono una professionista che ha sempre pagato le tasse, che ha seguito le regole imposte per combattere questa pandemia, cercando di saldare affitti e bollette pur non guadagnando. Non merito un trattamento così e come me non lo meritano tanti altri. Ed è per questo che ho deciso di fare domanda per il riesame della pratica e se mi sarà rigettata ancora - conclude - valuterò se muovermi per vie legali".
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