di Igor Greganti e Francesca Brunati
Per far valere i suoi "diritti", lamentando di non venir trattato al pari degli altri detenuti, l'ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo Cesare Battisti, arrestato in Bolivia nel gennaio 2019 dopo 37 anni di latitanza e poi estradato, ha deciso di "ricorrere allo sciopero della fame totale e al rifiuto della terapia" per le malattie di cui soffre. Una protesta annunciata con una lettera al suo legale dal carcere di Oristano dove è rinchiuso in regime di alta sicurezza e contro la sua condizione carceraria da lui ritenuta troppo dura. Battisti, condannato all'ergastolo per 4 omicidi, da oltre 1 anno e mezzo, come spiega l'avvocato Davide Steccanella, è in isolamento nel penitenziario in Sardegna in modo "del tutto illegittimo", perché "la pena dell'isolamento diurno a suo tempo inflitta era di sei mesi" e quindi "è stata scontata a giugno 2019". Anche nei suoi confronti, ha scritto il difensore in un'istanza più volte reiterata, va garantito il rispetto dei "minimali diritti umani" affinché la "legittima esecuzione di una pena non assuma i contorni di un vendicativo 'seppellimento' tardivo di un individuo quarant'anni dopo i fatti commessi".
Per questo il legale ha chiesto tra maggio e giugno al Dipartimento amministrazione penitenziaria di 'declassificarlo', ossia che non stia più in regime 'AS2' previsto per i terroristi e in isolamento e che venga trasferito da Oristano al carcere milanese di Opera o in quello romano di Rebibbia. Per Maurizio Campagna, fratello di Andrea, agente ucciso dall'ex terrorista dei Pac il 19 aprile 1979 a Milano, quella di Battisti è solo l'ennesima scaltra mossa. "Spero che nessun politico e nessun giudice - ha detto Campagna - si faccia impietosire, lo conosciamo ormai, fa queste mosse per impietosire, negli anni è riuscito ad ingannare il presidente brasiliano Lula e tanti altri".
Se qualche politico "si farà ingannare - ha aggiunto - farò io lo sciopero della fame, se viene tenuto in isolamento, un buon motivo ci sarà". Nella missiva il 65enne, che nei mesi scorsi aveva chiesto senza successo i domiciliari a causa della pandemia da Covid, spiega che per lui "pretendere un trattamento uguale a quello di qualsiasi altro detenuto è una contesa continua, estenuante e che coinvolge gli atti più ordinari del mio quotidiano: l'ora d'aria; l'isolamento forzato e ingiustificato; l'insufficiente attendimento medico; la ritensione arbitraria di testi letterari; le domandine sistematicamente ignorate; oggetti di varia utilità e strumenti di lavoro negati".
Il suo legale negli atti ricorda che, nel marzo 2019, Battisti davanti al capo del pool antiterrorismo milanese Alberto Nobili ha ammesso per la prima volta le sue responsabilità. E che ha ottenuto i "45 giorni di riduzione pena" previsti dall'istituto della liberazione anticipata per ogni semestre scontato in caso di buona condotta. Ha dato "prova", scrive il magistrato di Sorveglianza, "di partecipazione all'opera di rieducazione, facendo, inoltre, registrare una condotta regolare".
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