Il capitano e due ufficiali di coperta, ma anche la società armatrice e la compagnia che gestiva la motonave Cdry Blu, complessivamente tre persone fisiche e due giuridiche, sono i soggetti messi sotto inchiesta dalla Procura di Cagliari per disastro ambientale marino, inquinamento e naufragio colposo.
La pm Maria Virginia Boi ha chiuso le indagini preliminari e notificato gli avvisi agli indagati, che anticipano la richiesta di rinvio a giudizio, in merito all'incaglio della nave, e al successivo naufragio, avvenuti la sera del 21 dicembre 2019 a Capo Sperone, davanti alle coste di Sant'Antioco, sversando in mare una ingente quantità di idrocarburi. Le 12 persone a bordo vennero messe in salvo dagli elicotteri della Guardia costiera, mentre il relitto rimase sulla scogliera per lungo tempo in attesa della demolizione e successiva rimozione.
A eseguire gli accertamenti di polizia giudiziaria sono stati gli investigatori del Nucleo Speciale d'Intervento (NSI) del comando generale delle Capitanerie di Porto di Roma. Per gli inquirenti a causare il disastro sarebbero state "condotte colpose messe in atto dal comandante e da due ufficiali di coperta della nave". Non solo: "la navigazione avvenne in violazione di norme attinenti alla sicurezza e con modalità che denotavano imperizia marinaresca, imprudenza e negligenza, tra l'altro mantenendo rotte altamente pericolose in presenza di forte vento che spingeva il mercantile verso la vicina costa sottovento dell'isola di Sant'Antioco".
La nave sarebbe salpata da Cagliari nonostante un problema alla propulsione, che poi avrebbe convinto il capitano a cambiare rotta a causa del maltempo finendo però con l'incagliarsi. Dopo il naufragio la Cdry Blu sversò in mare ingenti quantitativi di idrocarburi di vario tipo, mai recuperati nonostante alcuni interventi da parte di ditte specializzate, causando un disastro ambientale sulla costa.
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