Mangimi per il periodo dalla primavera all'autunno, ingrasso dei capi con il sistema dry lot (sistema confinato all'aperto a basso investimento di strutture) e un protocollo di frollatura per i tagli di carne macellati.
Si
muove su questi tre cardini il progetto Boes, giunto alle fasi
conclusive, che ha permesso il perfezionamento di nuove modalità
di gestione della filiera.
Accorgimenti sviluppati in due anni di ricerca accademica,
grazie all'impegno della Università di Sassari in collaborazione
con quelle di Bari e l'agenzia regionale Agris che hanno
affiancato l'azienda capofila del progetto, la Milia Srl,
prestando la propria opera per il perfezionamento di una parte
del settore bovino.
Il tutto grazie al finanziamento del PSR
Sardegna 2014/2020 fondo Feasr Misura 16.1 "Sostegno per la
costituzione dei gruppi operativi del PEI in materia di
produttività e sostenibilità dell'agricoltura".
Per quanto riguarda l'allevamento "si è valutata la
possibilità di dare un'integrazione alimentare, costituita da
mangime - - spiega Antonello Milia, titolare della Milia Carni -
I risultati che abbiamo avuto confermano la bontà di questa
tecnica, in quanto il ricavo marginale (dato dal maggiore
accrescimento dei vitelli integrati rispetto ai vitelli che non
ricevevano mangime) è risultato superiore al costo marginale,
costituito dal costo del mangime utilizzato".
"La seconda area - spiega Alberto Stanislao Atzori della
Università di Sassari - ha previsto una prova di ingrassamento
con il confronto di due sistemi di ingrasso uno in centro
ingrasso classico e uno in sistema dry lot (sistema confinato
all'aperto a basso investimento di strutture). Vi sono delle
differenze tra i due sistemi, come la durata del ciclo di
ingrasso, inferiore nel caso dei sistemi dry-lot; il peso alla
macellazione leggermente superiore nei centri ingrasso. Gli
animali allevati in dry-lot beneficiano di maggiori spazi e
maggior benessere che favorisce cicli più corti. Anche dal lato
economico i costi di conduzione sono più bassi nel sistema
dry-lot con conseguenti maggiori margini sul costo alimentare e
maggiore valore aggiunto rispetto ai costi gestionali nonostante
sensibili maggiori ricavi in centro ingrasso".
Infine la terza fase, come ha spiegato Francesco Fancello
della Università di Sassari, "ha previsto la definizione di un
protocollo di frollatura in collaborazione con il professore
Aristide Maggiolino dell'Università di Bari. Si tratta di un
processo chimico-fisico della durata massima di 35 giorni che
deve essere costantemente monitorato e che è regolamentato da
specifiche norme europee per il rispetto degli standard di
igiene a cui è sottoposta la carne che viene fatta maturare in
ambienti con temperatura, umidità, pH ed areazione strettamente
controllati Fattori che intervengono su tenerezza e succosità
della carne, aroma e sapore. Abbiamo rilevato che non vi sono
particolari differenze fra la frollatura in cella e in armadio
dal punto di vista delle caratteristiche fisiche e chimiche
della carne frollata. È quindi fondamentale adottare pratiche di
gestione della carne sin fasi iniziali di frollatura riducendo
al minimo il rischio di contaminazione microbica nelle
primissime fasi di macellazione e nella preparazione dei tagli
adottando delle buone pratiche igieniche e di processo"
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