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In evidenza
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In collaborazione con Università degli Studi di Cagliari
(di Stefano Ambu)
Corsa contro il tempo, ma questa
volta meteorologico, per salvare i nuraghi. Resistono a tutto,
tanto è vero che sono lì in piedi da quasi quattromila anni. Ma
molti, nei secoli, sono scomparsi: i nemici principali sono
pioggia e gelo. E gli sbalzi di temperatura. L'acqua,
congelando, si espande e provoca rotture nella struttura della
pietra. Ma anche i sali, quando evapora l'acqua, creano
pressioni pericolose.
I giorni peggiori per i nuraghi sono novanta, da novembre a
gennaio. Ora i tre mesi più temibili per la sopravvivenza dei
monumenti simbolo della Sardegna sono stati individuati in uno
studio nato nell'isola e pubblicato sulla rivista internazionale
Case Studies in Construction Materials. Ma la scoperta più
importante è che i nuraghi si possono salvare: gli esperti hanno
creato un modello 'fuzzy' (procedura che sfrutta delle variabili
non semplicemente come numeri ma con decisioni che si
sovrappongono senza classificazioni rigide) per monitorare e
proteggere i nuraghi o i siti archeologici dal degrado legato al
tempo meteorologico.
l test è stato realizzato nel sito di Genna Maria, a
Villanovaforru, a una sessantina di chilometri da Cagliari. Ma
il sistema 'salva nuraghi' può essere applicato dappertutto,
magari anche sui giganti di Mont'e Prama, o su altri siti
archeologici.
"Grazie all'interazione - spiegano gli autori della scoperta
- tra diverse variabili (proprietà dei materiali in opera e
condizioni ambientali: temperatura, umidità relativa, radiazione
solare, velocità e direzione del vento, ecc.), siamo riusciti a
stimare i periodi in cui la struttura è più esposta al degrado.
I mesi di maggiore vulnerabilità sono risultati essere gennaio,
febbraio e dicembre. Abbiamo confrontato le previsioni del
modello con i fenomeni osservati sul posto e con i risultati dei
test di invecchiamento accelerato in laboratorio, confermando
l'affidabilità del modello".
Non solo vento, pioggia e neve. "Per il futuro, intendiamo
sviluppare ulteriormente il modello per includere altri fattori
di deterioramento che contribuiscono al degrado della struttura.
Ad esempio, esamineremo l'impatto del degrado causato dall'uomo,
la colonizzazione biologica in alcune aree e la dissoluzione dei
carbonati nei blocchi di pietra. Combinando diversi aspetti,
potremo ottenere una visione più completa del degrado,
considerandolo come il risultato cumulativo di vari fattori, e
stimare meglio le cinetiche di degrado".
L'idea è quella di sfruttare quello che già esiste: le
stazioni di rilevamento meteorologico. In questo modo si
potrebbe dar vita a un database a servizio degli esperti del
settore per poter facilitare le scelte progettuali per la
conservazione dei beni culturali.
I protagonisti della ricerca sono Marta Cappai (ricercatrice
a tempo determinato), Giorgio Pia (professore associato in
Scienza e Tecnologia dei Materiali nel Dipartimento di
Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali dell'Università
degli Studi di Cagliari, Ulrico Sanna (professore ordinario in
pensione). La gestione dei dati in futuro potrebbe essere
affidata all'intelligenza artificiale. Ma la protezione dei
nuraghi può iniziare subito: il modello consente immediatamente
di valutare gli eventuali pericoli e di prendere di conseguenza
le dovute precauzioni.
In collaborazione con Università degli Studi di Cagliari
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