(di Mimmo Trovato) Nuclei familiari da ricostruire, identificazioni drammatiche e bambini che non sanno di avere perduto dei familiari. E' grande il dolore per la tragedia del naufragio del natante di migranti nel Canale di Sicilia, che ha provocato 17 vittime finora accertate. A renderlo più forte la tesi che sia stato provocato. La Procura di Catania, infatti, ha disposto il fermo di due presunti scafisti, entrambi di 23 anni, il tunisino Haj Hammouda Radouan e il marocchino Hamid Bouchab, indagandoli anche per naufragio e omicidio volontario plurimo.
Dalle indagini è emerso che il tunisino pilotava il peschereccio, un'imbarcazione in legno di 20-25 metri sulla quale, secondo stime degli investigatori, viaggiavano oltre 200 migranti. I due, secondo la tesi di Pm, avrebbero "determinato deliberatamente un'avaria all'imbarcazione", in modo da giustificare un intervento di soccorso in acque internazionali.
Ma l'acqua imbarcata e il movimento improvviso dei migranti sul peschereccio ne ha causato il capovolgimento. "E' entrata tanta acqua e la barca si è girata due volte - raccontano alcuni nigeriani - e siamo rimasti in mare oltre un'ora prima di essere soccorsi. Abbiamo visto morire e sparire molti fratelli". Una tesi che deve passare al vaglio del Gip di Catania al quale il procuratore capo Giovanni Salvi e il sostituto Monia Di Marco hanno presentato una richiesta di convalida alla luce delle indagini della squadra mobile della Questura, della polizia dello Sco di Roma e della marina militare. Con la stessa accusa è a processo davanti alla Corte d'assise di Agrigento un tunisino di 37 anni ritenuto il 'capitano' del peschereccio con circa 500 migranti che il 3 ottobre 2013 naufragò davanti a Lampedusa, provocando la morte di 366 passeggeri.
Intanto prosegue l'attività di investigatori e mediatori culturali al Palarcidiacono, struttura del Cus Catania messa a disposizione dall'università. Raccolgono le storie drammatiche dei migranti sopravvissuti. Visi sconvolti si mescolano ai sorrisi dei bambini che giocano a palla. Tra loro ci sarebbe anche un piccolo salvato dalla madre, che però non ce l'ha fatta, ed è morta annegata.
Ci sono anche due fratellini eritrei, 8 anni lei e 11 lui. I genitori sono morti, assieme a un fratellino e una sorellina, annegati nel naufragio, e loro ancora non lo sanno. Ad accudirli è la cugina della donna deceduta, che i bambini chiamano zia.
Quasi tutti hanno alle spalle storie di disperazione e di fughe dalla guerra e dalla sopraffazione. Drammi e paure che hanno dato la forza a una mamma incinta al nono mese di gravidanza per imbarcarsi su un peschereccio e rischiare la sua vita e quella della creatura che porta in grembo. Adesso è ricoverata in ospedale. E', probabilmente, la stessa voglia di vivere e di speranza di un futuro migliore che ha spinto un'altra giovane donna, al terzo-quarto mese di gestazione, a fare lo stesso percorso, ma a non farcela. La puerpera è tra le vittime della tragedia. E' annegata nel Canale di Sicilia, dove ancora proseguono le ricerche per eventuali dispersi.
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