Per loro è un difficile obiettivo centrato, per l'Europa una sconfitta. In cento giorni gli operatori di Msf hanno salvato, nel Canale di Sicilia, oltre 11 mila profughi in fuga dell'Africa. Etiopi, somali, eritrei e nigeriani; uomini, donne e bambini, soccorsi in mare, dopo aver viaggiato stipati su imbarcazioni fatiscenti senza acqua né cibo. Gli "angeli del mare" per i migranti hanno il volto dei trenta medici dell'equipe di Msf, che da maggio lavorano notte e giorno, a bordo di tre imbarcazioni: Dignity, Bourbon Argos e My Phoenix, quest'ultima gestita dal Moas (Migrant Offshore Aid Station). Un'iniziativa finanziata interamente con i fondi che l'organizzazione umanitaria raccoglie in tutto il mondo grazie alle donazioni di privati che sostengono l'attività di Msf. L'ultimo intervento, quello su un ragazzo somalo di 15 anni soccorso nel canale di Sicilia quando era ormai ridotto allo stremo insieme ad altri 300 profughi, non è purtroppo servito a salvargli la vita. E' morto ieri a bordo della Dignity, stroncato da un arresto cardiaco, nonostante gli sforzi dell'equipe medica di Msf. I suoi compagni di viaggio hanno raccontato che il quindicenne era stato sottoposto a percosse e sevizie di ogni genere in Libia, dove i trafficanti lo avevano costretto a lavori massacranti, senza dargli cibo nè acqua, per conquistarsi il diritto a salire su un barcone. "Dopo l'errore che ha commesso il governo Renzi di terminare Mare Nostrum senza prima ricevere alcuna rassicurazione dall'Europa, e mentre si consumava il dibattito su Frontex, abbiamo preferito non ingrossare le fila di quelli che fanno chiacchere e abbiamo deciso di agire" dice il responsabile dei progetti di Medici senza frontiere Italia Loris De Filippi, che ha operato anche sulla Bourbon Argos. "Per la natura stessa del nostro lavoro, salvare vite umane è un dovere - aggiunge -. Tutto questo per noi è un successo, per l'Europa una sconfitta". "Dopo un periodo di formazione in emergenza sanitaria in mare, svolto in Bretagna, abbiamo cominciato a operare i primi di maggio - spiega De Filippi - Sulle navi abbiamo messo in piedi un pronto soccorso, dove poter stabilizzare e trattenere le persone alle quale prestiamo cure per trasferirli nei casi più gravi in ospedale".
"In molti ci hanno raccontato la loro 'avventura' - spiega il presidente di Msf Italia - c'è chi scappa da paesi in guerra o dittature, dopo anni di prigionia. C'è chi ha attraversato a piedi il Sahara prima di arrivare in Libia, dove vivono esperienze traumatiche: i maschi picchiati dalla polizia libica, mentre le donne subiscano violenza da quelle stesse sedicenti forze di polizia".
"Rispetto a 12 o 13 anni fa, e cioè da quando abbiamo cominciato le attività in Sicilia - conclude De Filippi - è cambiato anche il 'target' dei migranti. Prima erano per la maggior parte maschi, intorno ai 30 anni, adesso il numero di donne e bambini è cresciuto in modo esponenziale, segno che le crisi dalle quali queste persone scappano sono sempre più gravi".
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