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Peculato: sequestrata casa di campagna dell'ex pm Ingroia

Peculato: sequestrata casa di campagna dell'ex pm Ingroia

Nei giorni scorsi il gip, su richiesta della Procura, aveva disposto il sequestro preventivo per equivalente di 151mila euro dell'ex magistrato

20 marzo 2018, 15:33

Redazione ANSA

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Antonio Ingroia in una foto di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

Antonio Ingroia in una foto di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA
Antonio Ingroia in una foto di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

La Guardia di Finanza ha sequestrato una casa di campagna dell'ex pm di Palermo Antonio Ingroia, indagato per peculato. Nei giorni scorsi il gip, su richiesta della Procura, aveva disposto il sequestro preventivo per equivalente di 151mila euro dell'ex magistrato. La decisione di disporre il sequestro dell'immobile, che si trova a Calatafimi, nasce dal fatto che il denaro presente sui conti correnti dell'indagato non sarebbe sufficiente a "coprire" la totalità della somma sequestrata dal gip. Il provvedimento determina l'impossibilità di vendere la casa.
   
Due gli episodi contestati a Ingroia. Nominato nel 2013 dal governo Crocetta liquidatore della Sicilia e-Servizi s.p.a., società in house della Regione si è liquidato, in conflitto d'interesse e senza passare per una specifica valutazione dell'assemblea dei soci, una indennità di risultato di 117mila euro. Per gli inquirenti si tratterebbe di una somma indebita perché la legge stabilisce che l'indennità non possa superare il doppio del compenso onnicomprensivo attribuito pari, per Ingroia a 50.000 euro l'anno. Nel 2013 l'ex pm ha lavorato a Sicilia e Servizi solo tre mesi, percependo uno stipendio limitato a quel periodo. L'indennità dunque sarebbe del tutto sproporzionata. E, secondo gli investigatori avrebbe di fatto, determinato un abbattimento dell'utile di esercizio da 150.000 euro a 33.000 euro.

Ingroia, che ora esercita la professione di avvocato e vive a Roma, si sarebbe, inoltre, indebitamente appropriato di ulteriori 34.000 euro, a titolo di rimborso spese sostenute per vitto e alloggio nel 2014 e nel 2015, in occasione delle trasferte a Palermo per svolgere le funzioni di amministratore, nonostante la normativa nazionale e regionale, chiarita da una circolare dell'Assessorato regionale dell'Economia, consentisse agli amministratori di società partecipate residenti fuori sede l'esclusivo rimborso delle spese di viaggio. L'ex pm aveva adottato un regolamento interno alla società che consentiva tale ulteriore indebito rimborso. 

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