"Ci ha lasciato un campione indimenticabile, uno dei simboli del calcio bianconero degli anni '70". La Juventus esprime il suo cordoglio per la morte a 71 anni di Pietro Anastasi la cui salute era minata da una grave malattia dalla fine del 2018. La società "abbraccia la moglie Anna, i figli Silvano e Gianluca e saluta Pietro con una semplice parola grande quanto lui: Grazie". Cordoglio è espresso anche dal Calcio Catania che definisce l'attaccante "un atleta talentuoso e uomo capace di tracciare un luminoso esempio che sarà sempre prezioso per tanti giovani sportivi". Il sindaco Salvo Pogliese esprime "il cordoglio della città per la scomparsa dell'ex calciatore etneo" al quale "sarà intitolato un campo di calcio comunale". "Anastasi - aggiunge - è stato per decenni uno dei simboli di Catania e dell'intraprendenza catanese nell'Italia, un goleador di successo nei campi di calcio e anche fuori, di cui andare fieri e orgogliosi". Lunedì pomeriggio i funerali nella Basilica di San Vittore a Varese.
Addio a Pietro Anastasi, figlio del Sud e simbolo del calcio degli Anni 70. Nato a Catania il 7 aprile del 1948 diventò il mito calcistico degli operai meridionali sbarcati nel Nord Italia a cercare fortuna. E la Juventus con la quale il bomber bianconero vinse tre scudetti li fece innamorare tutti tra vittorie memorabii e grandi partite. 'Pietruzzo', come veniva chiamato amorevolmente all'epoca dai tifosi per rimarcare la sua origine siciliana, fu anche protagonista di un celebre scambio di mercato con l'allora interista nell'estate nel 1976 . Considerato uno dei migliori attaccanti italiani della sua generazione, giocò con la squadra torinese un totale di 258 partite in Serie A realizzando 78 reti, laureandosi capocannoniere della Coppa delle Fiere 1970-1971 e della Coppa Italia 1974-1975, prima di una precoce parabola discendente che lo portò a chiudere la carriera con le maglie di Inter, Ascoli e Lugano. Campione europeo con la nazionale italiana nel 1968, in azzurro ha giocato 25 partite siglando 8 reti. Particolare che rende la sua morte ancor più doloroso per il calcio italiano che si avvicina agli Europei 2020 con tante speranze per le buone prove della Nazionale di Mancini. Era impossibile non volere bene a 'Pietruzzo' perché è stato uno juventino fino in fondo e alla squadra del suo cuore ha trasmesso tutta la sua passione. Quella che da bambino, raccattapalle al Cibali di Catania, lo vede chiedere una foto accanto al suo idolo John Charles. Il sogno di vestire la maglia bianconera si concretizza nel 1968: Pietro arriva a Torino forte di una stagione memorabile nel Varese e di un gol storico in maglia azzurra nella finale dell'Europeo a Roma. Alla Juventus Pietro regala anni straordinari fino al 1976, ma le cifre e l'attaccamento alla maglia spiegano solo in parte l'amore della gente nei suoi confronti. Il suo coraggio nelle giocate, le sue reti in acrobazia, il suo spirito da lottatore lo rendono un idolo, capace di exploit indimenticabili, come i 3 gol segnati alla Lazio in 4 minuti in una gara iniziata seduto in panchina. Un amore che lo stadio Comunale tradusse con lo striscione con la scritta: 'Anastasi Pelè bianco'. La vita di Anastasi è stata un vero romanzo bianconero, negli anni 70' Hurrà Juventus gli dedicò una narrazione a puntate per diversi numeri
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