Trent'anni di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, tre anni di vigilanza dopo avere scontato la pena e risarcimento danni, da liquidarsi in separata sede, ai tre familiari della vittima che si sono costituiti come parte civile, ai quali è riconosciuta una provvisionale di 15mila euro ciascuno.
E' la sentenza del Gup di Catania, Simona Ragazzi, nel processo, celebrato col rito abbreviato, a Benedetto La Motta per l'omicidio di Dario Chiappone, il 27enne ucciso con sedici coltellate alla gola e al torace a Riposto la sera del 31 ottobre del 2016.
L'imputato è
indicato come esponente di spicco di un clan mafioso e sarebbe
stato lui ad 'autorizzare' l'agguato.
Per il delitto sono stati già condannati in primo grado Agatino
Tuccio, all'ergastolo, e Salvatore Di Mauro, a 23 anni di
reclusione, in qualità di esecutori materiali. E' pendente,
davanti la Corte d'assise di Catania, il processo a Paolo
Censabella ed Antonino Marano. Quest'ultimo, assieme a Antonino
Faro e al rivale Vincenzo Andraus, è uno dei 'killer delle
carceri', autori di diversi omicidi e gesti eclatanti: un gruppo
che ha segnato la violenta storia criminale della mafia
catanese, anche in 'trasferta'. Marano fu tra i protagonisti di
una spettacolare evasione nel 1977, assieme a tre complici, dal
carcere di Catania.
Secondo l'accusa, sostenuta dal procuratore aggiunto Ignazio
Fonzo e dal sostituto Santo Di Stefano, sarebbe stato La Motta
ad "ordinare, per volontà di Censabella, a Tuccio, Di Mauro e
Marano di eseguire l'omicidio di Chiappone". Il movente, secondo
la Procura distrettuale di Catania, sarebbe passionale ed
economico, collegato al rapporto che la vittima aveva con una
donna che era stata legata sentimentalmente a Censabella.
Sull'omicidio hanno indagato i carabinieri del comando
provinciale di Catania e della compagnia di Giarre.
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