CALOGERO FERRARA-FRANCESCO PETRUZZELLA: LA MAFIA CHE CANTA (ZOLFO EDITORE, 198 PAGINE, 16 EURO) - Con il suo brano dedicato allo zio "Turi" che sconta l'ergastolo come uno dei protagonisti della guerra di mafia di Catania, Niko Pandetta ha ottenuto su YouTube 4 milioni di visualizzazioni e decine di migliaia di like.
Ma è solo uno dei tanti neomelodici di terza generazione che riempiono le piazze con i loro racconti di gesta epiche di capimafia, tradimenti, storie di latitanti, disprezzo per pentiti "senza dignità", odio per "sbirri" e confidenti.
Questo è ormai il repertorio di
tanti giovani cantanti acclamati e contesi nelle feste di
quartiere. E questa è "La mafia che canta", come dice il titolo
di un libro di Calogero Ferrara e Francesco Petruzzella. Ferrara
è stato componente della Dda di Palermo e ora è procuratore
europeo delegato.
Petruzzella è analista informatico della Procura di Palermo e
studioso dei fenomeni criminali di tipo mafioso. Nella
prefazione Dino Petralia, capo del Dap, il Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria, richiama un sistema in mano
ai boss di quartiere. Sono loro a gestire l'organizzazione
dell'evento canoro: "Dalla scelta al reclutamento e al successo
dell'esibizione del cantante tutto ruota attorno ai gusti e al
gradimento di chi comanda la zona" e ne ricava un credito
mafioso.
I testi dei brani sono un inno alle figure più conosciute, e
rispettate, dell'universo mafioso e camorristico. Basta per
tutti un titolo, "O rre di Corleone", chiaramente dedicato a
Totò Riina. Per tanto tempo queste melodie hanno portato in
piazza il legame simbolico con gli eroi tragici della mafia e
della camorra e con gli "ospiti dello Stato" presentati come
perseguitati da un sistema ingiusto e repressivo. Da qualche
tempo i questori hanno cominciato a vietare gli spettacoli ma
questo non basta a smantellare il sistema di valori che la
musica cerca onorare.
Il libro diventa così un viaggio alla scoperta di un mondo
che riesce a provocare un cambio di mentalità e la rottura delle
norme sociali per legittimare la violenza e la criminalità
organizzata.
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