"Altro esito indubbio che
il presente giudizio ha consegnato è costituito dagli accertati
intrecci che negli anni si sono dipanati tra organizzazioni
criminali e ambienti massonici e politici, in una evidente
convergenza e commistione di interessi che mirava al comune
intento di destabilizzare lo Stato e sostituire la vecchia
classe dirigente che, agli occhi dei predetti, non aveva
soddisfatto i loro 'desiderata'". È quanto c'è scritto nelle
1.400 pagine della sentenza "'Ndrangheta stragista" depositata
dalla Corte d'assise d'appello di Reggio Calabria che, nel marzo
2023, ha confermato l'ergastolo per Giuseppe Graviano e Rocco
Santo Filippone accusati dell'attentato in cui il 18 gennaio
1994 morirono i carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo.
Quello contestato al boss di Brancaccio e all'esponente della
cosca Piromalli è un agguato rientrante nelle cosiddette "stragi
continentali" che hanno insanguinato l'Italia all'inizio degli
anni Novanta.
A proposito di politica, nella sentenza c'è scritto pure che
"con tutta evidenza Cosa Nostra e la 'Ndrangheta si
interessarono al nuovo partito di Forza Italia, per come
dichiarato da numerosi collaboratori. Emerge come Cosa Nostra
avesse deciso di creare un movimento autonomista, al pari di
quanto accadeva nel resto del Sud Italia, ma che in seguito tale
progetto era stato abbandonato in favore dell'appoggio al
nascente partito di Forza Italia, con alcuni dei cui esponenti i
siciliani avevano avviato contatti, tant'è che le stragi
cessarono nel corso dell'anno 1994, sussistendo l'aspettativa
che il nuovo soggetto politico avrebbe 'aiutato' le
organizzazioni criminali che l'avevano elettoralmente
sostenuto".
La sentenza della Corte d'assise d'appello ha confermato le
richieste della Dda di Reggio Calabria, guidata dal procuratore
Giovanni Bombardieri e, in particolare, le risultanze
dell'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe
Lombardo che, insieme all'aggiunto Walter Ignazitto, ha
rappresentato l'accusa anche nel processo di secondo grado.
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