Un po' bugiardo un po' capro espiatorio, piuttosto fellone e molto italiano medio, di quelli forti coi deboli e debole coi forti; un latin lover de noantri, pronto a spararla sempre più grossa e che però all'ultimo momento, quando capisce che è davvero finita, fa come tutti: piange e si dispera: "non volevo questo". Francesco Schettino avrà tutto il tempo per pensare a quanto ci abbia messo di suo per beccarsi una condanna già scritta da quella notte.
Ma quello che già sa è che lui e solo lui poteva essere il colpevole perfetto, capace di metter d'accordo tutti. L'Italia, che di questa condanna aveva bisogno per dire al mondo che no, noi non siamo il paese degli Schettino e quello lì è solo una parentesi, un errore, noi siamo quelli di Sam Cristoforetti, che porta il tricolore lassù nello spazio; la Costa, per ribadire ai milioni di turisti che ogni anno salgono sulle sue navi che se la Concordia si è schiantata sugli scogli del Giglio è colpa di "un uomo solo al comando", e quasi spiace prendere in prestito quel titolo che fu di Marco Pantani quando si prese a modo suo il Tour sul Galibier. Perfetto anche per i pm, nonostante l'esagerata e assurda richiesta di 26 anni, che, forse per la prima volta nella storia processuale italiana, hanno pensato bene di insultare l'imputato. Neanche Totò Riina è stato definito "un idiota", come invece è toccato a Schettino.
E ancora: il comandante colpevole perfetto va bene alla gente, ai professionisti del commento sui social che in 140 caratteri possono dire di aver capito tutto, a quelli che lo davano per certo pure come concorrente dell'Isola dei Famosi, perché noi siamo il paese che non può farsi mancare proprio nulla. E va bene ai familiari delle vittime e ai sopravvissuti, che oltre al dolore e alla paura hanno dovuto assistere impotenti alle 'uscite' del comandante: una su tutte, la lezione sulla gestione del panico all'università la Sapienza di Roma.
Era il 5 luglio dell'anno scorso. "Sono stupito per tutto questo putiferio, mi sono limitato a descrivere l'incidente, che conosco bene. Il mio è stato un intervento tecnico sulla scorta delle mie conoscenze" ebbe a dire a corredo. Il miglior commento all'indecente avventura romana fu del capo della Protezione Civile Franco Gabrielli: è come se la Sapienza avesse chiamato Dracula a tenere un corso sull'anemia".
Eppure. Eppure Schettino non è l'unico colpevole. Primo, perché altri imputati hanno patteggiato: tutti uomini della Costa e la stessa società. Il che significa che hanno ammesso le loro colpe davanti ad un tribunale. Secondo, perché è evidente a tutti che la navigazione ravvicinata, l'inchino, certo non l'ha inventata Schettino. Ed il fatto che centinaia di navi nel mondo continuino serenamente a farlo, da Capri come da Acapulco, è il segreto di Pulcinella. Inoltre, non le ha girate Schettino le immagini a bordo della Concordia negli attimi successivi allo schianto, dove si vede palesemente che a regnare è il caos: altro che gestione dell'emergenza. Su questo, lo stesso Schettino ha fornito un esempio imbarazzante durante un'udienza: "Il nostromo doveva farsi capire a gesti col personale asiatico e dell'est Europa poiché l'italiano, la lingua ufficiale, era disattesa dal personale straniero e l'inglese lo si usava così così". Un po' sì un po' no, insomma. Come quella notte maledetta, quando il timoniere indonesiano Jacob Rusli Bin, non capì i suoi ordini. "Forse pensavano di essere sul Concorde e non sulla Concordia e di volare sopra la montagna del Giglio" è stata l'infelice battuta data ai giudici.
"Sono stato accusato di mancanza di sensibilità, ma il dolore non va esibito per strumentalizzarlo. Non volevo questo, il 13 gennaio del 2012 sono in parte morto anch'io, non è vita quella che sto vivendo" ha detto piangendo il comandante oggi in aula, nelle ultime dichiarazioni spontanee. Parole per scacciare da se quell'immagine di arroganza che non l'ha abbandonato mai, ma forse pronunciate troppo tardi da uno che comunque di parole, da quel 13 gennaio, ne ha dette troppe. E quasi sempre sbagliate. Come quando lo beccarono l'estate scorsa al white party di Ischia, una festa privata su un borghesissimo terrazzo vista mare a Forio dove il tema era, appunto, il bianco. In bianco le signore, ingioiellate il giusto, in bianco l'abbronzatissimo Schettino. Le foto uscirono sui giornali nei giorni in cui il mondo aveva gli occhi incollati sul Giglio e sull'ultimo viaggio della Concordia. "Se qualcuno ha piacere di farsi fotografare con me... una foto non l'ho mai negata a nessuno, né quando ero comandante né ora. la considero una manifestazione di affetto e stima nei miei confronti". La stessa stima che, secondo lui, gli riservarono gli abitanti del Giglio quanto, il 27 febbraio dell'anno scorso, risalì per la prima volta a bordo della nave che aveva portato a schiantarsi sugli scogli. "E' pazzo - sibillò il sindaco Sergio Ortelli - ma quale stima, l'unico sentimento dell'isola nei suoi confronti è la rabbia".
Nel mondo, 'Schettino' è ormai parola da rifuggire come la peste: una volta che s'appiccica addosso non resta che aspettare i monatti. Addirittura, "può essere pericolo". Parole dell'ex ct Cesare Prandelli dopo il mondiale in Brasile: "il mio progetto tecnico è fallito, ma leggere articoli o essere paragonato in tv a certi personaggi che non voglio nominare è di un cinismo assoluto e può essere pericoloso". Se invece fai soltanto il tuo dovere, ti ritrovi eroe: 20 minuti c'hanno messo i media per trovare nel comandante della Norman Atlantic in fiamme, che non abbandona la nave, l'antischettino. Il vaccino contro il virus.
"Io come comandante sono il primo dopo Dio" disse lui durante un'udienza. E subito si pentì. Ma non bastò ad allontanargli l'etichetta del colpevole perfetto. Anche per gli uomini di fede: "una persona così - tuonò un giorno il parroco del Giglio don Lorenzo - non può passarla liscia, non si può perdonare.
Renda conto a Dio, nemmeno io che sono una persona di chiesa posso farlo".
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