"Abbattere il muro del silenzio", è il messaggio di Teresa Manes, la mamma del 'ragazzo dai pantalosi rosa', il 15enne che nel 2012 che si è tolto la vita a causa delle continue prese in giro dei suoi compagni di scuola, intervistata da Skuola.net.
Teresa, Andrea era un ragazzo solare, un “chiacchierone” che si è tolto la vita esasperato dalle offese dei compagni di scuola. A tuo parere, come ci si dovrebbe muovere a livello legislativo perché il bullismo e il cyberbullismo non facciano altre vittime? “Esattamente un anno fa è stato approvato all'unanimità in Senato il ddl 1261 contenente disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del bullismo e cyber bullismo. Questo testo di cui prima firmataria è la Senatrice Elena Ferrara rappresenta un ottimo punto di partenza in quanto poggia essenzialmente su ciò che è l'unica strada da percorrere per arginare questi fenomeni deviati e antisociali: la prevenzione. Ciò è possibile investendo risorse in un’essenziale "educazione digitale" che arrivi alle scuole, ma anche a tutta la comunità per contrastare invece "l'ingenuità digitale". Ciò al fine di rendere consapevoli sui rischi della rete e guidare ad un uso responsabile della stessa”.
Quali sono quei segnali che secondo te non solo la famiglia, ma anche gli amici e i professori dovrebbero cogliere quando un ragazzo è vittima di bullismo e cyberbullismo? “La risposta a questa domanda non è semplice perchè si ha a che fare con un fenomeno subdolo, pericoloso, che ha delle sfaccettature multiformi. A questo tocca aggiungere la risposta individuale di cui è capace ogni singola persona: ogni adolescente vittima di bullismo manifesterà il proprio disagio in modo diversa. Se da una parte c'è la vittima che vive il suo stato depressivo in condizioni di allontanamento e isolamento dal gruppo, dall'altra ci sarà quella che, come mio figlio Andrea, pur di assecondare lo stesso bisogno di appartenenza al gruppo, subirà le angherie cui verrà sottoposta”.
Che strumenti hanno i genitori per fare in modo che i figli vittima di omofobia e/o bullismo non rimangano in silenzio? “Solo la denuncia rende liberi e anche se la libertà alle volte costa fatica, i benefici che poi se ne ricavano ripagano. Occorre avere il coraggio di uscire dallo stato omertoso e comatoso cui si viene spinti, tante volte, dalla paura di peggiorare uno stato già difficile delle cose. In questo modo però si legittimano comportamenti che viceversa vanno repressi e rieducati”.
Nel momento in cui invece ci si rende conto che il proprio figlio sta vivendo una sofferenza come quella che ha vissuto Andrea, come si può aiutarlo? “Occorre non sottovalutare lo stato di disagio vissuto dal ragazzo e attivarsi subito per un confronto diretto non solo con lui, ma anche con tutti coloro che compongono la sua rete di relazioni scolastiche, amicali e parentali. Bisogna, se il caso, attivarsi anche per un supporto specialistico adeguato che ci aiuti nel sentirci meno soli ad affrontare una situazione che ci propone in termini inadeguati”.
Con il senno di poi, c’è qualcosa che vorresti aver detto o fatto e che oggi consiglieresti a chi si trova in una situazione simile? “Andrea ha mascherato il suo disagio finchè ha potuto. Un disagio che lentamente lo ha logorato nella sua capacità di discernimento tra giusto e sbagliato arrivando a commettere quel suo gesto ultimo ed irreversibile in uno stato mentale in cui era completamento dissociato. Lui apparentemente viveva una vita normale. Andava a scuola dove veniva preso in giro, ma anche dove c'era la ragazza di cui era perdutamente innamorato. Difficile dichiararsi tale in un contesto in cui sei additato come uno dal diverso orientamento sessuale. Era uno sportivo. La mattina del giorno del suo suicidio è andato a scuola a prenotarsi per una gara di corsa che avrebbe dovuto tenere la domenica successiva e per la quale si allenava in modo estenuante. Quegli allenamenti cui sottoponeva il suo corpo e che io ho creduto fossero legati ad una sua intenzione di perfezionamento, ho poi scoperto, dalla lettura delle chat, che erano solo un modo per mortificare il suo corpo. In alcuni messaggi si evince chiaramente che un suo amico sapeva delle pratiche di autolesionismo che Andrea si è procurato. Sono tutti segnali che vanno riferiti a un adulto di fiducia. Tra gli adolescenti c'è il convincimento di essere grandi a sufficienza per cavarsela da soli, ma non è così. Devono imparare ad avere fiducia dell'adulto. Anche io col senno di poi ho trovato delle avvisaglie di un disagio che ho giustificato facessero parte di ‘quel male comune adolescenziale’. È difficile fare il genitore di un adolescente in crisi, anche noi non siamo formati a sufficienza. Per questo insisto sulla necessità a che le famiglie partecipino alle campagne preventive di informazione e formazione che si svolgono oggi prevalentemente nelle scuole”.
C ‘è un messaggio che vorresti lanciare? “Per tutti i ragazzi ho un unico messaggio da diffondere, quello di abbattere il muro del silenzio in modo da far parte della comunità in maniera partecipata, equilibrata e sana. Per cui se sei vittima di episodi di prevaricazione (anche solo psicologici e verbali provocato anche solo da una stessa persona) denuncia. Se sei vittima anche di un solo episodio di violenza ripreso e messo in rete, denuncia. Se sei spettatore passivo, reagisci e denuncia. Se siete tanti spettatori passivi fate quel passo verso la vittima e isolate il bullo. Si sentirà spiazzato Se sei tu il bullo rifletti su quello che potrebbe provare l'altro e abbi il coraggio di smetterla o di chiedere aiuto per te stesso”.
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