"Me lo ricordo bene quel momento, mi ricordo bene quello sguardo: non pensavo a quello che era successo a me, pensavo a tutte le persone che erano morte e che avevo di fronte. I bambini continuavano a chiedermi perché c'era così tanta gente stesa in terra e io dicevo loro che stavano dormendo. Cosa altro potevo dire?".
Stella Serjanaj guarda la foto che la ritrae con una coperta indosso, la piccola Desada, 16 mesi, in braccio, il volto che è una maschera di paura e dolore, e abbassa lo sguardo.
E' un attimo, quel che basta per rivedere le mille immagini di quella notte maledetta. Ad Amatrice Stella lavorava come barista, suo marito faceva lo stagionale.
Era arrivata dall'Albania 11 anni fa. E non si era più mossa. Ora la sua casa è in una delle tende allestite al campo sportivo, che presto sarà smantellata.
"Dove andrò? - dice - Penso in albergo, aspetto di capire meglio. Ma tornerò qui, questa è casa mia".
La notte del 24 agosto Stella era a casa sua, con Desada e Melissa, l'altra figlia, di 4 anni, e suo marito. Tutti salvi. Abitava nel palazzo in cui c'è la filiale della banca Etruria, sul corso di Amatrice. Quando la scossa è arrivata, tutto attorno a lei è venuto giù.
"E' impossibile raccontare quella cosa - ricorda con un filo di voce, senza mai nominare il terremoto - E' successo tutto in un attimo. Quando le pareti hanno iniziato a tremare siamo scesi, ma la porta era bloccata. Intorno a noi sentivamo i palazzi crollare e noi non potevamo fare nulla. Poi siamo riusciti ad uscire e fuori era ancora peggio. Sentivamo le urla della gente, le persone che chiedevano aiuto, e mentre cercavamo di scappare è arrivata un'altra scossa, più forte. E' sceso il silenzio assoluto, c'era soltanto polvere. E l'odore del gas e del pane bruciato, non lo dimenticherò mai".
L'obiettivo ha colto Stella alle prime luci dell'alba, con una coperta sulle spalle e la figlia piccola in braccio, lo sguardo perso e tutt'attorno le macerie. "Nei miei occhi - dice la donna riguardandosi - c'era paura e dolore, tanto dolore per tutti quei morti. E io quasi mi sentivo in colpa per essere viva e per non esser riuscita a risparmiare agli occhi dei miei bambini tanto orrore. Lo sai, un paio di giorni dopo, Desada ha cominciato a dire 'aiuto', fino ad allora non aveva mai pronunciato quella parola".
E ora? "Ora la mia speranza è che le bimbe dimentichino tutto - conclude Stella - che tutti noi riuscissimo a cancellare per sempre quella cosa. Perché una notte così non la auguri neanche alla persona cui vuoi più male al mondo".
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