Il padre della patria come non si è mai visto: a più di 40 anni dalla morte arriva sugli schermi israeliani un David Ben Gurion inedito. Un'intervista-confessione del 1968 - balzata fuori dagli Archivi di Gerusalemme dopo annose ricerche ovunque - quando lo statista 82enne aveva lasciato il potere da tempo e si era ritirato lontano da tutti nel suo rifugio di Sde Boker, un kibbutz nel deserto del Negev che tanto amava. 'Ben Gurion Epilogue' di Yariv Mozer (prodotto da Yael Perlov) non è solo un fortunoso esempio di archeologia cinematografica ma soprattutto una straordinaria testimonianza di un uomo artefice della storia del secolo scorso che stupisce per la sua semplicità.
A intervistare Ben Gurion in una doppia tornata, ognuna di due ore, in tre giorni a Sde Boker fu Clinton Bailey. Orientalista americano e studioso di beduini, appena emigrato in Israele in quegli anni, aveva conosciuto in precedenza a Tel Aviv Paula, la moglie dell''Old Man' come era soprannominato lo statista. L'adattamento di Mozer dell'intervista è inframmezzato di spezzoni della storia umana e politica di Ben Gurion, ma sono le sue parole ad avere il sopravvento smontando molti dei clichè che lo hanno accompagnato. "Ha guidato Israele", domanda Bailey come a voler riassumere il destino di una figura che ha forgiato lo stato ebraico. "No - risponde Ben Gurion avvolto in un maglione chiaro di lana a collo alto che lo fa ancora più piccolo di quello che era - Io ho guidato solo me stesso".
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