Se confermato, quello di a Khan Sheikhun, con decine di vittime, sarebbe il più grave attacco chimico nella guerra civile siriana da quello che, il 21 agosto del 2013, provocò 1.400 morti nella Ghuta orientale, la regione ad est di Damasco controllata dagli insorti. Fu quell'attacco, in cui secondo gli ispettori dell'Onu furono usati razzi terra-terra contenenti 350 litri di gas Sarin, a portare gli Usa sull'orlo di una guerra con il regime di Bashar al Assad. Barack Obama, infatti, aveva affermato in precedenza che proprio l'uso di armi chimiche era la 'linea rossa' che Damasco non avrebbe potuto superare, pena un intervento Usa. La guerra fu scongiurata da un accordo tra la Russia e l'America che portò il regime siriano ad ammettere il possesso di armi chimiche e ad accettare la loro eliminazione.
Nel giugno del 2015 l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) annunciò di aver distrutto il 99% delle armi chimiche di Assad, pari a 1.328 tonnellate di iprite, gas mostarda e Df, un precursore del Sarin. Ma diversi Stati membri avanzarono dubbi sul fatto che il regime avesse dichiarato tutto il materiale in suo possesso. Il gas cloro, invece, non rientrava tra quelli da distruggere perché usato anche a scopi industriali. Diverse denunce di uso di gas cloro in attacchi del regime e dell'Isis sono state fatte tra il 2014 e il 2016.
Nell'agosto dello scorso anno un'inchiesta dell'Opac e dell'Onu arrivò alla conclusione che le forze governative avevano compiuto tre bombardamenti con cloro, mentre lo Stato islamico aveva utilizzato iprite in almeno un attacco. Il 28 febbraio scorso, tuttavia, la Russia e la Cina hanno posto il veto a una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu per l'adozione di sanzioni contro il governo siriano. Il 20 marzo è stata l'Unione europea ad aggiungere 4 alti funzionari militari siriani alla lista di membri del regime soggetti a sanzioni, proprio perché sospettati dell'uso di armi chimiche.
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