A dicembre del 2015 oltre 190 Paesi hanno raggiunto, dopo lunghissimi negoziati durati più di dieci anni (storico l'incontro di Copenaghen nel 2009, il primo della presidenza Obama), un accordo sul clima. Alla ventunesima Conferenza delle parti di Parigi, la Cop21 (e cioè il vertice Onu sui cambiamenti climatici), gli Stati Uniti avevano indicato la direzione. Adesso quello stesso Paese, ma sotto la guida di un'altra amministrazione, ora guidata da Donald Trump, potrebbe abbandonare l'accordo.
Base portante di tutto l'accordo è l'obiettivo di contenere l'aumento della temperatura ben al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali, con l'impegno a limitare l'aumento di temperatura a 1,5 gradi. Gli altri punti principali: raggiungere il picco delle emissioni di gas serra il prima possibile per iniziare con riduzioni continue fino a trovare un equilibrio tra emissioni e tagli per la seconda metà del secolo; tutti i Paesi hanno comunicato gli impegni a livello nazionale, dovendo prevedere revisioni migliorative a cadenze regolari (ogni cinque anni); i fondi destinati ai Paesi più esposti e vulnerabili ai cambiamenti climatici e che sono, in un certo senso, incapaci di adeguarsi. C'è poi la parte dedicata alle risorse finanziarie per aiutare i Paesi in Via di Sviluppo: l'obiettivo della road-map è creare un fondo da 100 miliardi di dollari l'anno fino al 2020, con l'impegno ad aumentare di volta in volta i fondi per l'adattamento e la cooperazione internazionale. Inoltre, c'è il tema della trasparenza e flessibilità per fare in modo che ognuno possa contribuire in base alle proprie capacità.
L'accordo di Parigi è stato firmato il 22 aprile 2016, in occasione della Giornata mondiale della Terra, alle Nazioni Unite a New York da 175 Paesi. Le regole per la sua entrata in vigore (avvenuta il 4 novembre 2016) prevedevano che venisse ratificato da almeno 55 Paesi che rappresentassero almeno il 55% delle emissioni di gas serra. L'Italia lo ha ratificato il 27 ottobre, giusto in tempo per l'inizio della Cop22 in Marocco.
L'accordo di Parigi, i cinque punti cardine
Obiettivo 2 gradi, impegni paesi, verifiche, aiuti e Cop
L'Accordo di Parigi sul clima è stato raggiunto il 12 dicembre del 2015 alla Conferenza annuale dell'Onu sul riscaldamento globale (Cop21), che in quell'anno si teneva nella capitale francese. E' stato poi firmato il 22 aprile del 2016 alla sede Onu di New York dai capi di Stato e di governo di 195 paesi. E' entrato in vigore il 4 novembre 2016, 30 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 55 Paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni di gas serra. L'Italia ha ratificato l'accordo il 27 ottobre, con un voto del parlamento.
1) OBIETTIVO 2 GRADI. L'Accordo impegna i paesi firmatari a contenere il riscaldamento globale entro 2 gradi dai livelli pre-industriali, e se possibile entro 1,5 gradi (già oggi siamo arrivati a +1 grado).
2) IMPEGNI PAESI. I governi dovranno stabilire ed attuare obiettivi di riduzione dei gas serra prodotti dalle attività umane (anidride carbonica in primo luogo, ma anche metano e refrigeranti Hfc).
3) VERIFICHE. Sono previste verifiche quinquennali degli impegni presi, a partire dal 2023.
4) AIUTI. I paesi più ricchi dovranno aiutare finanziariamente quelli più poveri con un 'Green Climate Fund' da 100 miliardi di dollari, da istituire entro il 2020. L'Italia ha stabilito di contribuire con 50 milioni di euro all'anno.
5) COP. Dal 1995 la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCC) organizza ogni anno una Conferenza delle parti (Cop) fra i paesi aderenti. E' lì che si discute fra i paesi della situazione del riscaldamento globale e si decidono i provvedimenti da prendere. La novità politica dell'Accordo di Parigi è stata l'adesione dei maggiori produttori di gas serra, gli Stati Uniti e la Cina, che in passato avevano rifiutato di aderire al protocollo di Kyoto per non ostacolare la loro crescita economica.
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