Nuova operazione antiterrorismo della Polizia: 5 arrestati, quattro tunisini e un sedicente palestinese, tra Roma e Latina. Gli uomini dell'Ucigos assieme alla Digos hanno bloccato diverse persone riconducibili alla rete di Anis Amri, il tunisino autore della strage al mercatino di Natale di Berlino, ucciso a Sesto San Giovanni (Milano) il 23 dicembre del 2016.
"Si è evitato che dalla fase di radicalizzazione si sfociasse in una attività terroristica. Non c'è alcun elemento concreto che facesse pensare alla preparazione di un attentato ma ci sono elementi che fanno pensare che si stessero preparando a questo", ha detto il pm Sergio Colaiocco.
Sono 31 i video trovati sul tablet di Abdel Salem Napulsi, il sedicente palestinese arrestato dalla Procura di Roma per il reato di autoaddestramento con finalità di terrorismo. Tra i filmati anche uno relativo all'uso di un lanciarazzi Rpg7. Gli inquirenti hanno accertato, anche, che l'arrestato aveva svolto una serie di ricerche anche sul "deepweb" per cercare come acquistare armi, camion o pickup. Sul tablet trovati anche video sul Califfato in Siria e comunicati dello Stato Islamico.
Le accuse - I reati ipotizzati sono addestramento e attività con finalità di terrorismo internazionale e associazione a delinquere finalizzata alla falsificazione di documenti e al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Chi sono gli arrestati - Tra i cinque c'è anche un tunisino che avrebbe dovuto procurare i falsi documenti ad Anis Amri per permettergli di lasciare l'Italia. Gli altri quattro arrestati, anch'essi tunisini, sono accusati di aver fatto entrare illegalmente in Italia un centinaio di migranti clandestini a cui fornivano i documenti falsi per poter proseguire verso altri paesi europei.
Sono in totale 20 le persone indagate dalla Procura di Roma. I soggetti, che gravitano tutti nel territorio del Lazio e in particolare Latina, sono stati monitorati dopo l'attentato di Berlino e l'uccisione, a Sesto San Giovanni, Anis Amri. Nel corso di una conferenza stampa, a cui hanno partecipato i vertici della Digos di Roma e Latina oltre al procuratore aggiunto Francesco Caporale, è stato spiegato che gli indagati "avevano diversi livelli di radicalizzazione" ma, secondo quanto accertato dagli inquirenti, "frequentavano gli stessi ambienti". "Abbiamo individuato tutte le pedine - hanno spiegato gli investigatori - che si trovavano nel Lazio che avevano un collegamento con Amri, anche se non diretti. Non siamo in presenza di lupi solitari ma tra di loro c'erano diversi radicalizzati". Contestualmente agli arresti sono state svolte una serie di perquisizioni presso le abitazioni degli indagati.
Oltre agli arresti, sono in corso una serie di perquisizioni nelle province di Latina, Roma, Caserta, Napoli, Matera e Viterbo.
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