Nessun rimpianto, nessun rimorso. "Solo nostalgia, di un periodo duro e difficile in cui si sono fatte cose straordinarie. Non lo dico io, lo dice uno studio dell'università dell'Aquila. In città c'erano 70mila persone prima del terremoto; erano 70mila anche nel 2010 e nel 2011; oggi sono circa 66mila: nessuno è stato lasciato solo, nessuno è stato costretto ad andarsene. Questo è qualcosa di straordinario". Guido Bertolaso è in viaggio per Istanbul, gli hanno chiesto una consulenza per la realizzazione del piano di evacuazione della città in caso di terremoto. E con un gruppo di giovani ingegneri sta lavorando ad un progetto per ripulire il mare dalla plastica. Insomma, stare fermo senza fare nulla è una cosa che non gli è mai riuscita, ora e 10 anni fa, quando era il capo della Protezione Civile.
Il 6 aprile del 2009, mezzora dopo la scossa, era in sala operativa. "Nessuno deve essere lasciato solo" disse ai suoi. E' così Bertolaso? E' andata davvero così? "Sì - risponde convinto -. Sicuramente durante l'emergenza, e lo testimonia la fila dei politici di ogni schieramento che c'era in quei giorni a L'Aquila: non sarebbero certo venuti se le cose fossero andate male. E nessuno è stato lasciato solo nei mesi successivi, quando costruimmo le Case per gli sfollati, una scelta che rifarei anche oggi e di cui vado fiero: il 60% di chi c'è andato allora ci vive ancora oggi; i Map, le casette di legno, sono ancora lì dopo 10 anni e tengono benissimo". E dopo? Dopo l'emergenza? Sono passati dieci anni e L'Aquila è un enorme cantiere, con decine di problemi ancora irrisolti. Ci sono colpe? "In Italia si banalizza sempre tutto, si deve trovare sempre un capro espiatorio - risponde - Ci sono state carenze, problemi di burocrazia, sicuramente. Ma non è pensabile che una città possa essere ricostruita in due anni. Chi lo dice non sa di cosa parla. Il grande esempio di cui tutti si riempiono la bocca, per citare un modello di ricostruzione perfetta, è il Friuli. Ma il terremoto del Friuli colpì dei paesi, non una città. Se fosse stata distrutta Udine, sarebbe andata alla stessa maniera? La verità è che L'Aquila è una città con duemila anni di storia, non si può buttare giù tutto e ricostruire come se nulla fosse. Lo dissi in un consiglio comunale qualche giorno dopo il terremoto, dissi che ci sarebbero voluti almeno dieci anni. Mi riempirono di insulti e proteste. Ma avevo ragione".
Ma la politica ha capito qual è l'insegnamento che arriva da L'Aquila? Ha capito che senza una prevenzione strutturale continueremo a contare i morti ad ogni emergenza? Bertolaso ci pensa un attimo. "Non abbiamo capito nulla. C'è un briciolo di consapevolezza in quei territori che sono stati purtroppo già colpiti, ma per il resto nulla. La politica ha una chiusura totale su tutto ciò che è prevenzione ed il perché è sempre lo stesso: con la prevenzione non vinci le elezioni. La politica vive di tempi ridotti, mai investirebbe su qualcosa i cui risultati non possono essere pesati in termini elettorali".
L'ex capo della Protezione Civile prende ad esempio la tragedia di Genova. "Prendiamo il ponte Morandi, lo sapevano tutti che andavano fatti degli interventi, se non altro perché 30 anni fa una parte era già stata messa in sicurezza. Ecco, mettiamo che qualcuno lungimirante avesse chiuso il ponte per un anno e speso 20 milioni, sai cosa sarebbe successo? Sarebbe stato preso per matto e crocifisso". Almeno tre sono, secondo Bertolaso, le cose fondamentali da cui partire per fare vera prevenzione. "Uno, manutenzione del territorio. Non è impossibile. Mi dovete spiegare perché per un paese è più importante fare una finale di un torneo di tennis o una sagra della salsiccia anziché potare gli alberi o mettere in sicurezza gli argini dei fiumi. Vanno orientate diversamente le risorse. Due, educazione. In qualsiasi paese al mondo ci sono esercitazioni quasi tutti i giorni, da noi è merce rara, soprattutto nelle scuole dove invece bisognerebbe investire di più. E tre, riorganizzazione delle strutture sul territorio, i volontari vanno rimotivati e bisogna attrarre i giovani, c'è scarsa partecipazione ma senza giovani non c'è futuro".
L'ex capo della Protezione Civile rivendica di averci almeno provato. "Abbiamo cambiato la classificazione sismica, modificato le leggi per costruire in zone sismiche, stanziato soldi per la messa in sicurezza dei comuni a rischio". Dunque nessun rimpianto? "Sì, c'è una cosa che non rifarei". Quale? "Non direi a Chicco De Bernardinis (allora ex vice capo del Dipartimento, ndr) di convocare la commissione grandi rischi". Da quella riunione è nato il processo che ha portato alla sbarra gli scienziati, poi tutti assolti tranne proprio De Bernardinis. Bertolaso fa una smorfia. "Quella vicenda è stata distorta abbondantemente. Io non ero obbligato a convocare quella riunione, lo sanno tutti. E invece lo feci solo per dare informazioni precise agli aquilani rispetto a tutte le voci che giravano in quei giorni. E' finita come tutti sanno".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA