Ieri per i suoi 90 anni Eugenio Scalfari ha ricevuto, tra le moltissime, tre telefonate di cui oggi ha voluto parlare: alle 12 quella di Matteo Renzi "nonostante su Repubblica l'avessi bastonato", e che lo ha invitato a vedersi presto; alle 8 quella dell'amico Giorgio Napolitano "che mi ha detto cose che mi hanno fatto molto felice ma non racconterò", e alle 9 della sera quella di papa Francesco "con il quale abbiamo avviato un dialogo del quale scrivo in privato, perché lui non vuole ne scriva più altrimenti lo assediano dalle altre testate". A raccontarlo lo stesso fondatore di Repubblica che oggi è stato festeggiato in occasione della pubblicazione della sua autobiografia, al Teatro Argentina di Roma. Sul palco e in sala gli amici, come i due premi Oscar Paolo Sorrentino e Roberto Benigni con Nicoletta Braschi, politici come Walter Veltroni ed Enrico Letta, intellettuali come Alberto Asor Rosa, Achille Bonito Oliva, ma soprattutto il suo giornale, dal direttore Ezio Mauro all'editore Carlo De Benedetti, che ha parlato di Scalfari ''inventore e innovatore''.
Ma la serata, condotta da Antonio Gnoli, e intervallata dalle letture di Silvio Orlando, è stata aperta dalla lettura della lettera di Napolitano: ''Caro Eugenio, il mio è innanzitutto l'augurio affettuoso di un coetaneo (ti seguo a ruota nella corsa degli anni). Beneficiamo entrambi di uno straordinario spostarsi in avanti delle frontiere della vita: ben sapendo in pari tempo (come insegna il "Soliloquio" di Croce) di non poter farci cogliere "in ozio stupido". E infatti tu sei l'esempio di una laboriosità persistente e molteplice: l'irrinunciabile esercizio del tuo magistero giornalistico, e un'attività di scrittore che ha scavalcato i confini di tutte le classificazioni di genere''. Una serata in cui Scalfari ha voluto leggere anche alcune delle sue poesie, la sua più recente passione. File fuori e alla fine standing ovation.
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