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Stile Mango, pop mediterraneo aperto a world music

Stile Mango, pop mediterraneo aperto a world music

Arrangiamenti originali, mezzo falsetto, una carriera coerente

ROMA, 08 dicembre 2014, 18:46

Paolo Biamonte

ANSACheck

Il cantante Mango - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il cantante Mango - RIPRODUZIONE RISERVATA
Il cantante Mango - RIPRODUZIONE RISERVATA

Pino Mango - morto improvvisamente durante un concerto a Policoro nella sua Basilicata - era una personalità originale nel nostro panorama pop. Per lui si usava la definizione di "pop mediterraneo", a indicare la sua vocazione a non rimanere legato agli stilemi classici della canzone italiana. Aveva una vocalità importante, una notevole estensione che trovava il suo marchio di fabbrica nel falsetto, anzi "il mezzo falsetto", come a lui piaceva precisare, perché il mezzo falsetto è una voce di petto. Forse per segnare ulteriormente la sua distanza dalla tradizione, ritmicamente parlando, amava utilizzare tempi dispari, tipo il 5/4 e il 6/8 ma ciò che caratterizzava le sue cose migliori era la vocazione internazionale dei suoi arrangiamenti, ispirati all'idea di world music, con un amore mai nascosto per Peter Gabriel (da qui la collaborazione con il fedelissimo chitarrista Dave Rhodes).

Non è un caso che al festival di Sanremo la critica premiasse i suoi brani che contenevano sempre qualcosa di interessante anche negli arrangiamenti, sempre aperti a influenze internazionali, l'Africa, il Mediterraneo, ovviamente, ma anche l'Irlanda, certo rock inglese, gli echi inevitabili d'America. Uomo del Sud, Mango aveva alle spalle una dura gavetta e, come accadeva a quelli della sua generazione, si era fatto un'esperienza completa frequentando case discografiche e studi di registrazione: scriveva per gli altri, collaborava con autori come Mogol e Pasquale Panella, con produttori internazionali ma se le cose non andavano per il verso giusto poteva anche decidere di lasciar perdere la musica e proseguire nei suoi studi. Non era un musicista ossessionato dalla produzione di un disco all'anno, non aveva il culto del glamour e dell'esposizione mediatica, teneva molto alla sua coerenza artistica. Ed era anche capace di grandi omaggi, come quello a Carlos Gardel, leggenda del tango. E a pensare alla morte improvvisa e prematura di Mango, torna in mente la celebre definizione, "il tango è un pensiero triste che si balla".

   

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