(di Francesco Gallo)
Altro che ''italiani brava gente'', i
lampedusani sono anche di piu'. Gente di mare, piena di storia e
sangue misto, vivono l'immigrazione con umanita',
come un fatto naturale. La gente che sta sul mare va salvata. Da
qualsiasi parte venga. E' stato sempre cosi'. 'Fuocoammare' di
Gianfranco Rosi, Orso d'Oro alla 66/ma edizione del Festival di
Berlino racconta l'isola italiana, vera frontiera d'Europa. E lo
fa con la giusta pietà, ma senza alcuna retorica. Un'isola,
quella di Lampedusa, in cui sono sbarcate negli ultimi anni
400.000 persone e che ne ha viste morire ben 15.000. Come era
stato per 'Sacro GRA', Leone d'oro a Venezia nel 2013, a
scorrere sullo schermo di questo documentario la vita ordinaria
di alcuni isolani con in sottofondo il fenomeno dei migranti
visto come da lontano.
Quasi una guida a questo mondo circondato dal mare, gli occhi
semplici e pieni di curiosità di Samuele Puccillo, 12 anni.
Figlio di pescatori, gira l'isola con il suo amico Mattias a
caccia di uccelli da colpire con le loro fionde. Vive con la
nonna Maria e lo zio, ex marinaio pescatore atlantico, e soffre
solo di una cosa: quando va in barca ha il mal di mare. C'e' poi
Pietro Bartolo, il direttore sanitario dell'Asl locale. Un uomo
buono che cura paesani e immigrati con la stessa passione. Uno
che ne ha viste tante, ma pieno di un'umanita' che gli fa a un
certo punto dire:''e' dovere di un uomo che sia davvero un uomo
di aiutare queste persone''.
E ancora, ci sono le dediche di Giuseppe il dj di Radio Delta,
''la moglie Maria per il marito Giacomino dedica Amuri di
carritteri'' e via con canzoni siciliane e non.
E i migranti? Si vedono quando sono raccolti dal mare pieni di
nafta, quando vengono perquisiti e assistiti, quando vengono
chiusi morti nei sacchi di plastica e anche quando si raccontano
in un ritmato gospel che fa cosi'.''Ci bombardavano e siamo
scappati dalla Nigeria, siamo scappati nel deserto, nel deserto
del Sahara, molti sono morti. Sono stati uccisi, stuprati. Non
potevamo restare. Siamo scappati in Libia. E in Libia c'era
l'Isis e non potevamo restare...Siamo scappati verso il
mare...il mare non e' un luogo da oltrepassare. Il mare non e'
una strada. Ma oggi siamo vivi''.
Ma i migranti giocano anche a calcetto improvvisando squadre
come Sudan contro Eritrea, si coprono con le loro coperte in
alluminio, mostrano comunque la loro gioia per avercela fatta.
Insomma, isolani e migranti sembrano in 'Fuocoammare' vivere
come una vita parallela senza darsi troppo fastidio.
Da questa immersione di Gianfranco Rosi di oltre un anno
nell'isola, vera protagonista del documentario, esce cosi'
fuori, senza alcuno fuoco d'artificio ideologico, la storia di
una possibile convivenza che ha evidentemente convinto la giuria
di Berlino. Forse anche proprio per la mancanza di ogni
forzatura. Nella Lampedusa di Rosi, si incontrano due umanita'
semplici e senza pregiudizi. Capaci di convivere.
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