BANGKOK - Era "un'oasi di vecchio Siam in mezzo all'orrore del cemento", aveva scritto Tiziano Terzani. Ma a oltre vent'anni di distanza, l'avanzata del cemento sta ora per ingoiarsi l'oasi: la "Turtle House" di Bangkok, dove lo scrittore fiorentino visse negli anni Novanta rendendola celebre nel suo "Un indovino mi disse", sarà presto rimpiazzata dall'ennesimo condominio nello sviluppo sregolato della capitale thailandese.
La settimana prossima sarà firmato il contratto di vendita del terreno a un costruttore locale, che ha comprato la casa di legno a due piani e i circa mille metri quadri di giardino tropicale per 165 milioni di baht (4,45 milioni di euro). La casa è stata svuotata, e lo stagno interno è ora un acquitrino prosciugato: i pesci e la mitica tartaruga di circa 200 chili, dall'età stimata in oltre cent'anni, sono già stati portati in un altro laghetto a nord di Bangkok. A far da guardia c'è rimasto solo il giardiniere Kamsing (65 anni), che conserva ancora con affetto l'unica foto che lo ritrae con la famiglia Terzani nei suoi cinque anni di soggiorno qui.
Negli ultimi giorni, una petizione online lanciata da un'italiana sul sito Change.org ha raccolto 1.800 firme.
L'appello "Salviamo Turtle House" si rivolge alle autorità italiane, affinché rilevino il complesso per salvaguardarlo come centro culturale. E' quanto sembra sperare anche Kamsing: "Forse qualcuno si attiverà all'ultimo...", dice all'ANSA con un velo di malinconia. Ma la nostra ambasciata a Bangkok, insieme a quella tedesca (Terzani era corrispondente di Der Spiegel), si erano già interessate due anni fa, contattando la famiglia proprietaria da oltre mezzo secolo. Di fronte al prezzo proibitivo, persino superiore a quello concordato con l'attuale acquirente, fecero marcia indietro.
L'assenza in Thailandia del vincolo delle belle arti fa sì che manchino gli strumenti legali per opporsi all'interesse economico. Che per un terreno del genere in una via laterale e relativamente silenziosa di Sukhumvit, l'arteria principale del centro di una Bangkok in pieno boom immobiliare, è ovviamente enorme. Il giardiniere Kamsing indica i cinque palazzoni che già circondano la morente Turtle House e fa notare che nessuno di essi era già in piedi tra il 1990 e il 1995, gli anni in cui Terzani aveva affittato la proprietà, arredandola e abbellendola secondo i suoi gusti. "La casa più bella e fatata in cui abbiamo vissuto", l'aveva definita.
Negli ultimi anni, di Terzani era rimasto solo il cartello "Turtle House" - l'aveva battezzata lui così - all'entrata.
Persino la mappa di Google la identifica così. Tra il 2009 e il 2015 questo pezzo di giungla tra i condomini ha ospitato prima un wine bar di australiani e poi un ristorante thailandese.
Entrambi avevano cercato di far leva sul fascino antico del posto, dove avevano alloggiato altri intellettuali e scrittori.
Ma non è bastato per attirare abbastanza clienti. E il cemento, come aveva già intuito Terzani lamentando gli effetti del capitalismo selvaggio nell'Asia rampante, alla fine ha vinto.
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