(dell'inviata Silvia Lambertucci) La suggestione di un posto rimasto segreto per millenni nella sua delicata poesia, con la lucerna di bronzo nell'edicola del larario, la piccola ara di terracotta poggiata a terra vicino all'aiuola, il coperchio del pozzo appena spostato, quasi che qualcuno della famiglia fosse appena passato di lì. Calandosi insieme ai restauratori nel giardino incantato che è appena stato riportato alla luce a Pompei, la prima impressione è proprio questa, tanto tutto sembra magicamente rimasto al suo posto. Quasi che i padroni di casa si fossero semplicemente assentati. E' solo un attimo però.
Poi lo sguardo gira e inevitabilmente si fissa sull'unica nota stonata di questo ambiente trasognato: una piccola finestra, chiusa da una grata come si usava allora. Solo che la grata quasi non si distingue più, impastata com'è della valanga di lava, un enorme mostruoso bolo che prima di raffreddarsi ha ingoiato ogni cosa al suo passaggio, riempiendo di fuoco e di morte la stanza alla quale quella piccola finestra doveva portare aria e luce.
Il direttore del Parco Archeologico Massimo Osanna indica i frammenti di legno ancora riconoscibili nel magma diventato di pietra. "Per noi è struggente -spiega- con tutta probabilità si tratta proprio degli infissi di questa finestra, mangiati dalla lava rovente". Così l'atmosfera rarefatta del giardinetto di colpo scompare, il dramma irrompe sulla scena, si percepisce anche sul muro accanto alla finestra, dove una sgargiante pittura rossa sembra essere colata sull'ocra dorato del basamento. Possibile? "Niente affatto - chiarisce a due passi una restauratrice - quel rosso che vedete è dovuto al calore immenso che ha arroventato la parete. E' il caldo che ha cotto la pittura fino a trasformare il giallo in rosso". Difficile a questo punto pensare che i padroni di casa si siano solo momentaneamente allontanati. Il loro piccolo paradiso è ancora lì, struggente nella sua bellezza millenaria. Fianco a fianco all'inferno che ne ha ingoiato le vite.
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