Ironica, arrabbiata, in continua polemica con gli adulti e la loro gestione del mondo, che lei avrebbe voluto curare. Mafalda piange il suo papà Quino, nome d'arte del fumettista argentino Joaquín Salvador Lavado Tejón, origini andaluse, che si è spento a 88 anni per le conseguenze di un ictus che lo aveva colpito la settimana scorsa. Tradotto in 35 lingue, presente tra i libri di un argentino su due ma conosciuto in tutto il mondo per quelle sue strisce con protagonista quella bambina sveglia, ironica, a tratti irriverente ma sempre unica e indimenticabile. "Quino è morto. Tutte le brave persone del paese e del mondo lo piangeranno" ha detto annunciando la scomparsa il suo editore storico Daniel Jorge Divinsky.
Quell'amore per le matite e i fumetti nacque quando era piccolissimo e il Clarin racconta come sopportò di andare alle elementari solo perché per realizzarli serviva saper scrivere e leggere e con la madre si accordò per poter disegnare ogni giorno tutto il tavolo di pioppo della cucina a patto che poi lo spazzolasse per bene. Rimase orfano presto e, dopo aver studiato all'Accademia di belle arti della sua città natale Mendoza, esordì nel 1954 in Dibujantes e trovò posto con le sue creazioni nelle riviste Aguado, Rico Tipo e quindi in Tia Vicenta chiusa dai militari nel 1966. Nel 1958 sbarcò sul quotidiano Democracia e poi in Vea e lea. Mafalda, inizialmente creata per una pubblicità di lavatrici che non piacque al committente, fu rimessa in un cassetto e rispuntò appunto il 29 settembre del 1964 sulla rivista argentina Primera Plana e poi su El Mundo: fino al 1973 illuminò con il suo sarcasmo e la sua indimenticabile visione del mondo il suo pubblico circondata oltre al papà impiegato e alla mamma casalinga, da una serie di amichetti storici: il romantico Felipe (che è la caricatura di un amico di Quino, il poeta Jorge Timossi), la borghese Susanita, il capitalista Manolito. A questi si sono poi aggiunti Guille (Nando per gli italiani) il fratellino di Mafalda, per il quale Quino si e' ispirato a un nipotino diventato flautista, il fantasioso Miguelito e la minuscola Libertad, disegnata piccolissima ''perché la libertà in Argentina è sempre stata poca''.
"Mafalda - scrive Umberto Eco nel 1969 nella prefazione al volume Mafalda la contestataria (Bompiani) - è un'eroina arrabbiata che rifiuta il mondo così com'è. Vive in una continua dialettica col mondo adulto, che non stima, non rispetta, avversa, umilia e respinge, rivendicando il suo diritto a rimanere una bambina che non vuole gestire un universo adulterato dai genitori". Arrivò anche sul grande schermo con un film argentino di 75 minuti, che non lasciò soddisfatto Quino, e fu protagonista di due serie d'animazione. Al momento del golpe (1976), Quino si trasferì in Italia, tornando nel suo paese dal 1979 prima per brevi periodi, poi sempre più frequentemente. Su quel periodo oscuro dell'Argentina non nascose le sue idee "Se Mafalda fosse vissuta durante gli anni della dittatura militare sarebbe forse stata una 'desaparecida' in più. - disse in un'intervista all'ANSA - Non sarebbe sopravvissuta per il semplice fatto che aveva un cervello critico. Molta gente è scomparsa solo per questo e tra di loro moltissimi sono stati i giornalisti". E tra le strisce di Quino ce n'è anche una in cui Susanita parlando con Mafalda cita l'ANSA assieme alla Associated Press e alla Reuter tra le maggiori agenzie mondiali.
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