(di Silvia Lambertucci) Vicini tutta la vita, "con lui un turbinio di idee". Renzo Piano ricorda Richard Rogers e la sua voce, al telefono dalla casa di Parigi, quasi sembra sorridere mentre racconta un'amicizia "lunga più di 50 anni", un sodalizio di affetti e di pensieri, uno scambio culturale, professionale e amicale che ha fatto sì che dopo il Beaubourg di Parigi, progettato insieme nel 1971, le loro strade non si siano in realtà mai divise, a dispetto di scelte e residenze diverse, Rogers a Londra, Piano a Parigi.
"Eravamo ragazzacci insieme a Londra quando a Parigi c'era il '68 e in fondo non siamo mai cambiati", spiega gentile il senatore in una lunga conversazione con l'ANSA, "Richard aveva quattro anni di più, pochi a pensarci adesso, ma quando si è giovani è diverso, per me è stato sempre il fratello maggiore, allora io lo chiamavo 'vecchio' e anche adesso, dopo tanti anni, ci si scherzava. Ma era proprio così, lui sempre un passo davanti a me, il fratello grande, quello buono, come quando è diventato Lord e qualche anno dopo anche io senatore". Due fratelli cittadini del mondo con i cantieri sparsi per i diversi continenti, gli incontri frequentissimi a New York. Sempre con l'Italia nel cuore, tanto che tra di loro, rivela il senatore, parlavano italiano "perché Richard era nato in Italia e seppure era partito bambino per Londra, aveva genitori che si sentivano italiani, la mamma era triestina". Anche se per definire l'amico, Piano ricorre a un aggettivo inglese: "per me lui era elegant", dice. Un concetto che nella lingua italiana è difficile da tradurre, un po' una categoria dello spirito.
Tant'è, in Italia si ritrovavano spesso per le vacanze, tantissime quelle trascorse insieme, condividendo con le famiglie la passione per il mare e per la vela.
"Richard aveva il cuore nel Mediterraneo", dice Piano. Che dell'amico ricorda l'amore per la ligure Vernazzo e la casa in Toscana "ritrovarci nella luce di questi posti ci piaceva tanto". Ma anche il continuo scambio professionale. Il suo progetto che mi piace di più? "Ce ne sono tanti, difficilissimo scegliere", risponde citando la sede Lloyd's a Londra, l'aeroporto di Madrid "così pieno di luce" e anche l'ultimo lavoro, una piccola galleria d'arte nel sud della Francia. "Il fatto è che abbiamo vissuto la stessa idea della professione, il nostro lavoro è stato sempre quello di costruire luoghi pubblici, luoghi per la gente".
Il racconto si ferma, dal telefono sfugge quello che quasi sembra un sospiro. "E' una perdita grossa", dice. Anche se un amico così non si perde, tante cose restano dentro. D'altra parte, riflette Piano, "a una certa età c'è un pensiero che ti coglie: quello che in realtà tu non esisti davvero, esisti solo come la somma di tutte le persone che hai incontrato, dei libri che hai letto, di quello che hai imparato, che hai visto".
Potrebbe sembrare un pensiero triste, ma non lo è. "Perché questa in fondo è la nostra incredibile originalità" riflette il grande architetto genovese, "prendere e trasformare, qualche volta persino rubare, nel senso buono della parola. Ecco, anche questa è stata l'elegance del mio amico Richard. E io sempre dietro a lui, alla sua rincorsa".
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