- Il cielo buio di cenere, le strade riempite dalla coltre rovente dei lapilli, i tetti che crollano sotto il peso di quella assurda pioggia, con l'aria che si fa irrespirabile ovunque, mentre sotto i piedi la terra da ore non smette di tremare. A Pompei nel primo pomeriggio del 24 ottobre del 79 dopo Cristo c'è aria di apocalisse. Chi non ha capito in tempo, chi non ha voluto o non è potuto fuggire, ora cerca disperato un rifugio che non c'è. E' la storia drammatica e scioccante che ci rimanda l'ultima scoperta fatta con gli scavi che da qualche mese si stanno facendo nella Regio V della cittadella per mettere in sicurezza dai crolli le straordinarie vestigia della colonia romana. Ritrovati nella casa del Giardino, ora ribattezzata la Casa dell'Iscrizione perché è la stessa nella quale è stata identificata qualche giorno fa l'iscrizione che sembra aver cambiato, spostandola di due mesi, la data dell'eruzione, emergono ora cinque scheletri. Con tutta probabilità, spiega all'ANSA il direttore del Parco Archeologico Massimo Osanna, "si tratta dei resti di due donne e di tre ragazzi, un ritrovamento di straordinario interesse sia per le dinamiche eruttive sia per la documentazione degli scavi in età moderna".
Cinque persone che avevano cercato rifugio in una sorta di piccola stanza da letto (insieme agli scheletri sono stati ritrovati anche i resti di un letto o di un grande divano) affacciata sull'atrio, l'unica stanza della casa rimasta integra, con il tetto ancora al suo posto mentre tutto intorno era uno sfacelo di crolli. "La cenere cadeva su Pompei ormai da 18 lunghe ore - ricostruisce Osanna - i lapilli avevano invaso qualunque cosa, avevano sfondato i tetti, riempito le strade, anche il Vicolo dei Balconi sul quale si affacciava l'abitazione". Una fuga a quel punto doveva apparire impensabile. "Per loro senz'altro, visto che il portone d'ingresso era bloccato e l'atrio riempito di cenere", aggiunge. Per cui quella piccola stanza deve essere apparsa alle due donne come l'ultima possibilità di salvezza. Chissà, forse ancora speravano che la furia degli elementi potesse finalmente placarsi. "Quel luogo doveva sembrare loro sicuro", fa notare l'archeologo. Per cercare di sigillare la porta, le due donne "le hanno messo davanti anche un mobile, forse per frenare la spinta della cenere".
Tutto inutile. Il gruppetto, sottolinea Osanna, deve aver trovato una fine orribile, "sono morti schiacciati dal crollo del tetto, che alla fine ha ceduto, o bruciati dalla nube piroplastica, la nuvola di fuoco e gas che è arrivata alla fine, chissà forse una concomitanza di entrambe le cose". Gli esami consentiranno ora di chiarire com'è andata. Ma intanto il ritrovamento porta con sé altri elementi importanti per la storia degli studi. Una moneta di Filippo d'Asburgo risalente agli anni '30 del Seicento e ritrovata vicino ai resti umani testimonia di scavi clandestini avvenuti in quella zona ben prima del 1748, la data ufficiale dell'inizio degli Scavi di Pompei. "Scavi clandestini devastanti - riferisce il direttore del Parco - fatti per razziare tutti gli oggetti di valore, senza attenzione per gli scheletri, che sono stati in parte rimossi e smembrati".
Una sorta di tombaroli ante litteram, insomma, che avevano scavato un tunnel nella cenere indurita e una volta all'interno della stanza hanno divelto e portato via tutto quello che hanno potuto, lasciando addosso agli scheletri solo due collanine in pasta vitrea. Lo scempio non è arrivato però davanti alla porta della stanza, dove alcuni resti umani, dice, "sono stati ritrovati intatti, la testa di una donna schiacciata dalle tegole e a fianco i resti di un braccio e delle gambe di una altra vittima, mentre in un angolo affiora una mano ancora con i suoi due anelli, uno in argento e l'altro in ferro". A duemila anni di distanza, una scena che ancora toglie il fiato.
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