(ANSA) - Roma, 24 feb -La sua visione vertiginosa dalla cabina di un aereo che punta dritto verso il cuore di una città, le acrobazie dei velivoli tra le nuvole, i paracadutisti fluttuanti in caduta libera come fossero ballerini rappresentano i momenti più affascinanti dell'aeropittura degli Anni Trenta di Tullio Crali. Ci sarà pure un motivo se tra centinaia di opere i curatori della più grande mostra internazionale sul Futurismo organizzata nel 2014 al Guggenheim di New York hanno scelto proprio il suo quadro intitolato "Prima che si apra il paracadute" per la copertina del catalogo e il manifesto. Tullio Crali (Igalo 1910- Milano 2000) condensa nelle sue opere gli elementi centrali della pittura aerea tesa a descrivere il mondo da un punto di vista nuovo e la sfida del volo grazie alla mezzo meccanico che più di tutti esprime il senso della velocità e il dinamismo celebrati dal movimento di Filippo Tommaso Marinetti. All' artista di origini dalmate vissuto a lungo a Gorizia e rimasto futurista irriducibile fino all' ultimo dei suoi giorni Monfalcone dedica fino al 12 maggio la mostra, curata da Marino De Grassi, con oltre ottanta opere e una ricca documentazione sull' effervescenza culturale a tutto campo dell' avanguardia. Nella Galleria Comunale d'Arte Contemporanea dipinti e disegni a matita, penna e flowmaster e litografie, provenienti per lo più dal fondo personale dell'artista,dai primi acquerelli e tempere a soggetto aereo ai dipinti sulle esibizioni delle 'Frecce Tricolori'; alla breve esperienza espressionista sul tema dei 'Fiori del male' di Baudelaire; dai dipinti a soggetto cosmico riferibili al linguaggio di Prampolini, alla modernità spaziale. Il pezzo forte è proprio il militare che "danza" nell' aria prima di aprire il paracadute (1939) unico di provenienza pubblica, che arriva dal Museo di Udine. Manca all' appello la tela più famosa, "Incuneandosi nell' abitato" (1938) con quel pilota in picchiata verso le abitazioni che sembrano voler entrare nella cabina. Una versione che appartiene a un collezionista privato è a Zagabria per una mostra. L'altra, per una vicenda giudiziaria in corso, è bloccata al Mart di Rovereto con altre opere donate da Crali e poi chieste indietro dagli eredi perché non sarebbero stati rispettati gli accordi. Da quella generale del 1994 che gli dedicò proprio il Mart non si erano più fatte antologiche di Tullio Crali. La nuora Anna Bartolozzi Crali (il figlio del pittore è morto nel 2008) ha offerto alla mostra di Monfalcone molte opere e indicato prestatori privati. "Crali è uno dei grandi del Futurismo per creatività e percezione - dice De Grassi -, di certo il più coerente perché è stato l' unico a restare futurista per tutta la vita. Era ottantenne quando ha dipinto la linea grafica delle Frecce Tricolori, dalla decorazione degli aerei all' immagine. Morì a 90 anni e le sue ultime opere sono di una qualità eccezionale". De Grassi ricorda la reazione di Crali quando Benedetta Cappa, la moglie di Marinetti, dopo la morte dell' inventore del Futurismo riunì nel 1950 tutti i superstiti per dichiarare chiusa quell' esperienza invitandoli a conservarne la memoria. Noi ti capiamo - replicò in sostanza l' artista - ma non puoi pretendere di farci vivere nel passato. E continuò a restare fedele agli ideali del movimento. In mostra, in una ideale chiusura del cerchio, ci sono il suo primo disegno, "La Tempesta" del 1925, fatto a 15 anni, e l' ultimo, del 1997, "Forme silenziose di aeropittura". Altra particolarità sono i 26 ritratti di esponenti futuristi scelti tra i circa cento disegnati da Crali fino al 1950 con il pennarello flowmaster. "Era animato da una grande curiosità intellettuale - osserva il curatore - ed era aperto alle sperimentazioni. Organizzai una prima mostra di sue opere nel 1985. Pochi mesi dopo a Venezia aprì la grande esposizione a Palazzo Grassi sul Futurismo, che rese furioso Crali perché la considerava non uno sdoganamento ma solo una attenuazione della damnatio memoriae alla quale la critica di sinistra aveva condannato gli artisti che vi avevano aderito". Un atteggiamento che dal dopoguerra aveva consentito ai grandi collezionisti stranieri, soprattutto americani, di accaparrarsi a prezzi stracciati i dipinti più belli dei maestri futuristi. "I familiari di molti artisti - dice De Grassi - si sono trovati in difficoltà e hanno dovuto svendere le opere poi finite all' estero. Tanti illustri storici dell' arte e direttori di museo hanno in qualche modo acconsentito a questa rimozione permettendo la dispersione di un enorme patrimonio artistico italiano".
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