"Che vuole, su questa riforma non si sa nulla di sicuro, ma io ho l'impressione di non essere più molto utile qui". Classe 1974, una laurea in storia dell'arte e filologia germanica a Vienna, un grande amore per la città di Urbino, che ha conosciuto da studente e dove ha persino trovato moglie, il direttore del Museo nazionale delle Marche Peter Aufreiter, tra i vincitori stranieri del concorso per direttori manager dei musei, non nasconde il dispiacere "Vado via con il cuore che piange", spiega all'ANSA scandendo le parole nel suo italiano quasi perfetto. A novembre, quando finiranno i primi tre anni di mandato lascerà il museo di Palazzo Ducale e farà le valige per tornare a Vienna dove il primo gennaio 2020 prenderà servizio come direttore dei Technischen Museums. La decisione definitiva, spiega, è di pochi giorni fa, anche se già da sei mesi si era mosso per cercare un'alternativa alla direzione del prestigioso museo italiano. "Trovare un posto da direttore non è facile ed ero preoccupato- dice - perché anche leggendo i giornali ho capito che qui in Italia in tanti sono convinti che è meglio se i musei sono gestiti da direttori italiani". A convincerlo a partire però, è stata per assurdo la lettera con la quale il ministero dei beni culturali, dieci giorni fa gli proponeva di rinnovare il suo incarico: "Nella lettera - spiega- c'è scritto che la riforma può prevedere cambiamenti.. ho pensato che c'era troppa incertezza". Non solo. Già il progetto di Franceschini che lanciava i musei autonomi secondo Aufreiter era da migliorare "Io speravo che nel tempo la nostra autonomia sarebbe aumentata, che avremmo potuto gestire noi il personale, ad esempio. Invece, anche se il testo della riforma ancora non si conosce, mi pare che l'autonomia per i musei diminuirà ancora. Il ministro è giusto che scelga la sua strategia, ma forse io in questa strategia non mi trovo, non mi sento utile al cento per cento e valorizzato. Io sono bravo nella valorizzazione, ma con i bandi e l'amministrazione italiana dopo quattro anni ho ancora qualche difficoltà. Quindi dico che forse è meglio che sia un italiano esperto della pubblica amministrazione a portare avanti questa riforma. Io quello che so fare l'ho fatto". La coscienza, sottolinea, è a posto: "In questi anni abbiamo organizzato 20 mostre e preparato completamente le iniziative per l'anno di Raffaello che si articolerà in tre importanti esposizioni, vado via senza sensi di colpa". Anche per i risultati ottenuti curando la valorizzazione, aprendo il museo ai concerti, alle mostre, persino ai matrimoni, lanciando tante iniziative e coinvolgendo tante realtà tanto che in città, raccontano, è molto benvoluto: "I visitatori sono aumentati del 30 per cento, nonostante il terremoto, gli introiti raddoppiati". Il suo cuore comunque piange: "di Urbino, di questo museo, dello staff, mi sono innamorato". LB/
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