(Di Elisabetta Stefanelli) CHARLOTTE SALOMON, VITA? O TEATRO? (CASTELVECCHI, 818 PAG. ) In diciotto mesi, tra il 1940 e il 1942, una fragile ragazza dalla vita segnata dalla morte, dipingerà disperatamente più di mille tempere dai colori di una straordinaria intensità e di una modernità sconvolgente. Atto 1, 1913 si parte dal buio di una famiglia travolta da un'onda di dolore. Suicida prima di tutto la zia che si lascia annegare, e così inizia la storia dipinta su fogli di carta velina come una graphic novel ante litteram.
Suicida poi la madre, che lei credeva morta d'influenza e infine la nonna. Charlotte era nata il 16 aprile 1917 da genitori entrambi ebrei: Albert Salomon è chirurgo e professore universitario, Franziska Grunwald, infermiera. Ma quando la nonna si uccide è il settembre del 1939 ed è solo in quel momento che lei prende coscienza della sua vicenda familiare, ed è già esploso nella sua vita anche il dramma delle persecuzione nazista. La giovane Charlotte è costretta a fuggire a Nizza, con un nonno freddo : 'il simbolo della gente contro cui dovevo battermi'', scrive, ''una persona che non aveva mai provato autentica passione per niente''. In un paese straniero di cui non conosce la lingua ma sempre quella Costa Azzurra straordinario coacervo d'arte e di artisti di cui sembra respirare l'ossigeno a pieni polmoni. A Berlino ha frequentato l'accademia d'arte . Nel suo sangue l'anima espressionista e una vocazione musicale che la trascende si liberano per dare vita ad un capolavoro assoluto che ora per la prima volta viene pubblicato in Italia da Castelvecchi con meritevole sforzo.
Carattere fortemente espressionista, ma c'è tutta l'ispirazione dell'opera di Chagall - con le donne in abito da sposa ricorrenti - l'ispirazione per il sogno che invade la vita vissuta, la dolcezza di una vita quotidiana dai colori qui sbiaditi che sembra solo un sogno irraggiungibile. Le stanze nude con il pavimento di legno che fanno pensare a Van Gogh, il blu delle donne chiuse in cerchio alla Matisse. Le sue donne dagli occhi tristi ela testa inclinata che hanno qualcosa di Picasso.
Charlotte racconta la sua piccola vita quotidiana, le sue delusioni, ''E adesso volevamo essere felici'', dicono le sue donne dai volti straordinari, ripetuti in una sequenza ossessiva di espressioni ad elevata intensità emotiva. E c'è l'ospedale, è c'è il potere e la prepotenza nazista e c'è quella morte, c'è persino Roma aeterna città divina. ''Qui potete vederlo come certe donne alla finestra in preda ai sogni e alla malinconia'', scrive citando Nietzsche per il pianista delle sue pagine. Ogni tavola è un quadro, un dono per il suo amato, l'uomo alla finestra, Amadeus Daberlohn. Gli scrive, in una lettera del febbraio 1943 finora inedita che chiude il volume, ''La mia vita è incominciata quando mia nonna ha deciso di mettere fine alla sua''.
''Fu allora che cominciai a lavorare a queste pagine e mi sentii terribilmente infelice quando mi resi conto che la mia vecchia disperazione, a proposito di certe persone, riprendeva il sopravvento e mi ricacciava piano piano in uno stato di letargia simile alla morte, se...'' Nel 1943, è il 10 ottobre, ha 26 anni e aspetta un bambino: muore ad Auschwitz.
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