(ANSA) - ROMA, 27 FEB -Dal suo studio di Boston, attorniato da giovanissimi collaboratori di tutto il mondo, Hashim Sarkis presenta la Biennale 2020. La sua presenza a Venezia oggi è rinviata causa coronavirus, dalla città lagunare il presidente uscente Paolo Baratta ha appena introdotto l'esposizione anche lui in streaming. Eppure la parola dominante di questa edizione, la più ripetuta, è together, "insieme". E' nella condivisione, dei princìpi, degli orizzonti e dei progetti, che si affrontano i problemi e anche i cambiamenti e le paure della nostra epoca, suggerisce Baratta. Dall'altro capo dell'oceano l'architetto di origini libanesi da sempre interessato al tema delle diseguaglianze sociali, alle questioni di inclusione, alle emergenze ambientali, conferma: "Abbiamo bisogno di un nuovo contratto spaziale". In un contesto "caratterizzato da divergenze politiche sempre più ampie e da diseguaglianze economiche sempre maggiori , chiediamo agli architetti di immaginare degli spazi nei quali vivere generosamente insieme", insiste Sarkis, mentre espone il plastico della Biennale 2020, ne anticipa le sezioni, spiega come si articolerà il percorso di visita di questa edizione alla quale partecipano 114 progettisti provenienti da 46 paesi, con una rappresentanza crescente, sottolinea,da Africa, America Latina e Asia, oltre a 63 partecipazioni nazionali con il debutto di Grenada, Iraq e Uzbekistan. How will we live together?, l'interrogativo che dà il titolo a questa edizione, fa notare, "è una domanda tanto sociale e politica quanto spaziale". L'architetto cita Aristotele "quando si pose questa domanda per definire la politica, propose il modello di città". Ogni generazione, sottolinea, ha risposto a questa domanda in maniera diversa, ma i problemi di oggi rendono l'interrogativo "ancora più urgente e su piani diversi rispetto al passato", "più che mai gli architetti sono chiamati a proporre alternative". Un concetto che da Venezia ribadiva, introducendolo, Baratta parlando dell'architettura come "riferimento di un vasto impegno interdisciplinare e di un vasto impegno culturale e politico. Una sorta di chiamata alle armi". I mutamenti in corso chiedono "nuove visioni e nuovi progetti", dice Baratta, che dopo tanti anni lascia il suo ruolo di presidente con un passaggio di testimone a Roberto Cicutto. Tant'è, visioni, progetti, contributi di idee, stando alle premesse, non dovrebbero proprio mancare nella Biennale di Sarkis, che quest'anno insieme con il catalogo offre anche una vera e propria guida alla visita: oltre agli architetti in concorso, ricorda lui da Boston, tra Arsenale e Giardini ci sarà spazio anche per le idee sviluppate da ricercatori delle università di tutto il mondo riunite nella sezione Stations+ Cohabitats. Organizzata in cinque 'scale', tre in Arsenale e due al Padiglione Centrale, con progetti "che spaziano dall'analitico al concettuale , dallo sperimentale al collaudato e all'ampiamente diffuso", la mostra firmata dall'architetto americano libanese prevede anche grandi installazioni disposte negli spazi esterni. E non mancherà, come già da cinque anni , il Progetto speciale al Padiglione delle Arti Applicate (Arsenale, Sala d'Armi) che quest'anno si intitolerà British Mosques e guarderà al mondo "fai da te" e spesso non documentato delle moschee adattate a questo uso. "Oggi più che mai gli architetti sono chiamati a proporre alternative", dice Sarkis, ricordando i tanti ruoli in cui sono oggi coinvolti, i professionisti del settore, nello stesso tempo cittadini, artisti e costruttori. In tempi di epidemia globale e di paure, la sfida del vivere insieme e in continua relazione con gli altri si presenta ancora più interessante. L'appuntamento per tutti è a Venezia dal 23 maggio al 29 novembre. Sempre che l'allarme salute lo permetta.
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