Tutto parte da Vitruvio e dal suo
De Architectura: l'unico grande trattato - scritto alla fine del
I a.C. giunto fino noi pressoché integro - che spieghi stili,
decorazioni, sistemi di costruzione di basiliche, terme, teatri.
Ma quali erano le reali tecniche di costruzione dei templi,
quali le macchine impiegate per spostare gli enormi blocchi di
pietra, quanti gli operai coinvolti e quanto a lungo durava una
costruzione? La mostra "Ars aedificandi. Il cantiere nel mondo
classico" - prodotta e organizzata da MondoMostre in
collaborazione con il Parco archeologico di Selinunte, Cave di
Cusa e Pantelleria, diretto da Felice Crescente, promossa
dall'assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana,
inaugurata ieri, sarà visitabile per oltre un anno. Forte di un
comitato scientifico di grande rilievo, la mostra è curata dagli
architetti Alessandro Carlino, storico dell'architettura che da
anni studia i templi dorici siciliani, e Bernardo Agrò, già
direttore del Parco.
"La mostra di Selinunte - sottolinea l'assessore dei Beni
culturali e dell'Identità siciliana, Alberto Samonà - ci fa
comprendere, con il supporto di ricostruzioni fedeli di
macchinari, come sono sorti i grandi templi, avvicinando i
visitatori e soprattutto i giovani alla scoperta e alla
comprensione delle tecniche e dei procedimenti costruttivi del
passato".
"Una mostra dall'alto valore didattico che speriamo possa
essere visitata da tante scuole - dice il direttore del Parco,
Felice Crescente - modo per scoprire come nacquero i templi ma
soprattutto l'enorme lavoro di chi ci lavorò".
Il cantiere nel mondo classico è dunque un passo avanti e
nello stesso tempo un salto all'indietro rispetto al precedente
capitolo alla Valle dei Templi: oggi si va veramente al cuore
del processo costruttivo, là dove venivano estratti i materiali
da costruzione con cui saranno realizzati i templi, a quelle
Cave di Cusa (dal nome del barone, antico proprietario
dell'area) attive sin dal VI secolo avanti Cristo, abbandonate
in fretta e furia quando fu avvistato l'esercito di Annibale.
"I cantieri del mondo antico erano delle vere e proprie piccole
città prolifiche formate da maestranze specializzate - spiega il
curatore Alessandro Carlino - e noi abbiamo ricostruito il
percorso dei cosiddetti "rocchi" dalle cave, a 11 chilometri da
Selinunte, fino al Parco archeologico, dove sono posizionate le
macchine in scala 1:1".
Il percorso della mostra parte da Cave di Cusa da dove
vennero estratti i materiali per la costruzione dei templi
selinuntini: le cave sono un vero manuale dei sistemi di scavo,
la brusca interruzione dei lavori di estrazione - al
sopraggiungere dell'esercito cartaginese - ha fatto sì che
venissero abbandonati persino i rocchi finiti, pronti per essere
trasportati. Accanto agli enormi blocchi del Tempio G, è stata
posizionata la riproduzione della "slitta" che serviva al
trasporto, scivolava su rulli di legno e veniva trasportata dai
buoi; vicino, ecco la Macchina di Chersifrone (usata per il
trasporto dei rocchi più imponenti tramite rotolamento,
intelaiato con travi di legno connesse all'asse di rotazione del
tamburo) e della Macchina di Metagene (dal nome del figlio di
Chersifrone) utilizzata invece per il trasporto degli
architravi: una ruota lignea dentro la quale inserire i blocchi
che potevano così rotolare trainati da animali da soma dalla
cava fino alla fabbrica. Le descrizioni vitruviane sono un vero
tesoro: Ars Edificandi nasce interamente dalle descrizioni
puntigliose del trattato De Architectura: lo spostamento dei
blocchi, una volta cavati, avveniva tramite carri e macchine che
li trasportavano fino all'attuale parco archeologico. Le
macchine e i reperti della mostra permettono di avanzare ipotesi
accreditate e scientifiche, sui metodi di costruzione dei
templi, utilizzati in tutto il Mediterraneo.
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