"La Turchia non è pronta ad accettare il suo genocidio. La reazione del governo al Papa è stata particolarmente aggressiva e insensibile, anche considerando che l'attentatore alla vita di Giovanni Paolo II era turco. Hanno reagito così perché ci sono le elezioni, Erdogan vuole cambiare la Costituzione e portare tutto sul piano della guerra di religione cristiani contro musulmani, che fa presa sulle masse". Lo dice il regista tedesco di origine turca Fatih Akin, oggi al Festival del cinema europeo di Lecce, dove riceve l'Ulivo d'oro alla carriera prima della proiezione del suo ultimo film, 'Il Padre' (che ha debuttato a Venezia ed è uscito da poco nelle sale italiane) in cui parla proprio del genocidio armeno. "Dopo le elezioni, il governo turco, se ci fosse un vantaggio politico o economico, potrebbe anche decidere di dire: 'e' vero, c'è stato un genocidio, scusateci'. Per questo io non mi fido mai di nessun politico da nessuna parte, un genocidio è un trauma umano che va elaborato, pronunciare solo la parola per ragioni politiche per me non conta''. Le polemiche si sono ripercosse anche su 'Il padre', dove Akin racconta la storia dell'armeno Nazaret (Tahar Rahim) che dopo essere scampato al genocidio, negli anni della Prima guerra mondiale, parte e affronta mille difficoltà per ritrovare le sue figlie. "Il film è stato accolto da un piccolo movimento che sta crescendo in Turchia, composto da artisti, giornalisti e rappresentanti della società civile come un miracolo ma in generale nel Paese è stato odiato e hanno cercato di ignorarlo. La mia relazione con la Turchia è da sempre come un matrimonio e possiamo dire adesso che ora siamo divorziati". Comunque 'Il padre', "con qualche eccezione, è stato accolto negativamente ovunque, anche in Armenia. In Francia è uscito due settimane dopo la strage nella redazione di Charlie Hebdo, e in quel periodo nessuno andava al cinema. E' un film che non porta benefici a nessuna parte politica. E per me se tutti lo denigrano, vuol dire che è bello". Durante le riprese "mi sono reso conto che dobbiamo sentirci responsabili di ogni genocidio, perché si tratta sempre di esseri umani che ne uccidono altri". Molti Paesi però ancora non si prendono le responsabilità dei propri crimini: "Pensiamo agli Stati Uniti con il genocidio degli indiani d'America. La Germania ha riconosciuto l'Olocausto, ma ancora non riconosce le sue responsabilità nel genocidio armeno, del quale l'impero tedesco era al corrente ed a cui ha in parte partecipato". In Il padre torna anche una delle sue tematiche ricorrenti, la migrazione: "E' la sfida del nostro tempo, o forse di ogni tempo. L'unica soluzione sarebbe forse investire nei Paesi dei flussi migratori quei miliardi che l'occidente ha guadagnato grazie alle colonie". Ora però il regista cambierà totalmente genere: "Girerò un film per bambini, in parte live action e in parte d'animazione, che si intitolerà Il fantasma del terzo piano. Ho già pronta la sceneggiatura, molto commovente. Voglio confrontarmi con il pubblico più esigente e attento che ci sia, quello dei bambini". Akin, classe 1973, ha pronta anche la sceneggiatura del film su Yilmaz Guney, attore e regista turco di origine curde, che per aver raccontato le contraddizioni del suo Paese, è stato osteggiato dalle autorità turche ed è morto esule a Parigi nel 1984. "Per realizzare quel film ho bisogno della mia ex moglie, la Turchia. Quando i nostri rapporti torneranno civili, lo girerò e poi divorzieremo di nuovo". Il cineasta, che ha fra i suoi modelli Scorsese e Costa Gavras, ama anche autori italiani come Matteo Garrone e Paolo Sorrentino, "con cui mi identifico. Abbiamo molto in comune, veniamo dagli anni '80 e siamo cresciuti con la stessa musica, da Siouxsie and the Banshees ai Cure". Della politica italiana, gli viene in mente subito Berlusconi: "Gli consiglierei di fermarsi con i lifting, o almeno di cambiare chirurgo plastico".(ANSA)
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