La veste bianca non è solo il
camice sanitario dei ricoverati più gravi in ospedale e, per i
più sfortunati, l'abito indossato per l'eternità. E' diventato
il simbolo di un totale cambiamento non solo per chi è stato
colpito dalla pandemia, ma per tutti. Perché tutti, prima
dell'emergenza avevano un altro vestito abituale della propria
vita (quello di padri, madri, studenti, professionisti o operai)
che ad un certo punto hanno dovuto modificare. Nel suo ultimo
libro, 'C'è una veste bianca anche per noi' (Libreria Editrice
Vaticana, 130 pagine, 10 euro), Vittore De Carli, racconta il
dramma di sedici persone che hanno contratto il coronavirus,
alcune come testimonianza diretta, altri, quelli che non ce
l'hanno fatta, attraverso il ricordo di chi è stato loro vicino.
"La storia di questi mesi, così vivamente riassunta e
racchiusa nella storia di queste persone, si rivela come un
tempo di scelta - spiega De Carli, tra i responsabili di
Unitalsi, l'associazione che si occupa del trasporto di malati
nei pellegrinaggi -. La pandemia non è una punizione divina,
come fosse la conseguenza di un giudizio implacabile della
divinità sull'uomo d'oggi. Piuttosto: contiene un invito, e si
offre come "momento propizio" per ricostruire la nostra scala di
valori, personale e planetaria". Sono il dramma delle tante
vittime di cui nessuno ha raccontato nulla. Alcune strazianti,
altre che infondono fiducia e speranza.
"Non è un libro da leggere, da studiare, o per imparare a
fare qualcosa - scrive nella prefazione l'arcivescovo di Milano,
Mario Delpini -. E' un libro per conversare, avviare un dialogo,
per creare e coltivare un'amicizia, per seminare domande e
risposte, per cercare insieme una sapienza più alta, un pensiero
più umile, una preghiera più sincera".
Il libro è dedicato a Don Roberto Malgesini, il prete della
diocesi di Como ucciso il 15 settembre 2020 da uno dei poveri
che aiutava. "Lui, la sua 'veste bianca' - ha detto De Carli -
l'ha indossata ogni giorno senza che nessuno se ne avvedesse". ;
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