(di Elisabetta Stefanelli)
"Mi considero un intellettuale (anche
se la parola è ormai alquanto screditata) che tenta di leggere
la realtà attraverso il filtro dell'intelligenza, che non crede
nelle verità rivelate e dunque antepone il dubbio alle certezze.
Da buon Capricorno, sono schivo, poco cerimonioso, di parco
eloquio. Credo di essere leale, fedele alle amicizie, tenace nei
sentimenti. Non tollero gli stupidi, anche perché sono
pericolosi". Così Giuseppe Neri, per gli amici (tanti) Peppino,
si descriveva efficacemente in un'intervista del 2003 ad Armando
Adolgiso in occasione dell'uscita del suo romanzo Il sole
dell'avvenire. Un romanzo corale ambientato negli anni '20
evocato in questi giorni dal titolo dell'ultimo film di Nanni
Moretti, che con il libro non ha nulla a che fare ovviamente
tranne nel riecheggiare le parole della prima canzone partigiana
Fischia il vento.
Ha a che fare con Giuseppe Neri, invece, un bel convegno
(curato con amore dal figlio Francesco Neri) che si svolgerà
venerdì 12 maggio a Cassino (Palazzo della Cultura ore 17.30) e
che vuole ricordarlo come "un innovatore dell'informazione
radiofonica della Rai", e tale del resto è stato. Ma anche molto
di più. Era nato a Sant'Apollinare (Fr) il 27 dicembre del 1936
ed è scomparso a Roma, sua città d'adozione, a 79 anni il 4
marzo del 2015. Ora proprio nei dintorni di Cassino (di cui a
volte ricordava i terribili bombardamenti che la distrussero) e
nei vicoli del suo piccolo paese - come amava raccontare -
nacque la passione per la letteratura e la politica che per lui
procedevano a braccetto in una tutta sua inesauribile
esplorazione della realtà. Da giovanissimo iniziò a collaborare
con Il Mondo di Pannunzio, esperienza formativa che lo portò poi
successivamente a Tempo Presente, Nord e Sud, e ad esercitare la
sua scrittura come critico letterario del Messaggero di Roma. Ma
Neri ha svolto un fondamentale ruolo nella storia della
radiofonia italiana, in Radio Rai, dove creò programmi come Il
Paginone, una vera e propria terza pagina radiofonica che ha
condotto per oltre 15 anni. Da lì nacque poi Lampi. Punti di
riferimento per il mondo intellettuale di allora, che prestava
il fianco alle sue domande puntute, avvolte in una nube di fumo
dell'inseparabile toscano. In Rai, dove era entrato nel 1976
come programmista-regista, ha poi diretto il settore cultura
delle tre reti radiofoniche dal 1988 al 2000.
"Sono un ostinato ottimista o mi fa velo la lunga
frequentazione avuta con questo medium, ma penso che la radio ha
ancora un ruolo, una funzione primaria nel settore dei mezzi
della comunicazione di massa. La parola, il suono che
apparentemente nascono dal nulla e lievitano nello spazio, hanno
una suggestione che nessun altro mezzo potrà mai raggiungere. La
forza della radio risiede nella sua cecità, come scrisse con
grande intuizione, un pioniere di queste cose: Rudolf Arnheim.
Quasi ciclicamente si parla della crisi della radio, ma anche
della crisi del libro: però l'una e l'altro sono insostituibili
perché soddisfano esigenze primarie dell'uomo che non possono
essere colmate dagli altri media". Lui certo non era cieco e il
suo sguardo di straordinaria lucidità si ritrova nelle belle
interviste pubblicate nel 1987 per Rusconi, con il titolo Verso
il terzo millennio, a 25 filosofi e scienziati. Ma è stato anche
scrittore. Il suo primo romanzo fu L'uccello di Chagall del
1983, finalista al Premio Viareggio Opera prima, cui seguirono
la raccolta di racconti L'ultima dogana, 1990, Premio Selezione
Campiello, Bolero, 1999 e appunto Il Sole dell'avvenire nel
2003.
"Ho sempre pensato e sostenuto che la scrittura è l'elemento
più importante in una costruzione letteraria. E' la scrittura
che invera e legittima ogni narrazione. Ne Il sole
dell'avvenire, sia la materia sia la natura dei personaggi mi
hanno consentito di spingere più avanti la mia ricerca
linguistica sul versante dell'espressionismo, mi hanno permesso
degli innesti lessicali, dei recuperi dialettali, delle
sprezzature di stile e tutto questo lavorio ha lo scopo di
vivificare, di rinsanguare, di conferire nuovo vigore espressivo
alla trama di una lingua resa sempre più inerte e inespressiva
dall'uso, spesso sconsiderato, che ne fanno i mass-media".
A ricordarlo a Cassino saranno, tra gli altri, Stefano
Bellucci, Marcello Carlino, Paola Tagliolini, Fiorenza Taricone,
dopo il saluto delle istituzioni e le conclusioni affidate
invece al figlio Francesco Neri e a Mena di Cicco che leggerà
alcuni brani delle sue opere.
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