La riforma del sistema pensionistico
dovrà affrontare un "problema strutturale", quello, cioè, della
"differenziazione delle età di pensionamento, in base al lavoro
che si svolge", perché, "come confermato dai dati, i poveri
muoiono prima dei ricchi". E, nel frattempo, l'Inps che,
all'indomani dello 'tsunami' Covid, nel 2020, ha erogato 60
miliardi di aiuti e prestazioni (mentre 42 milioni tra cittadini
e imprese continuavano a percepire i trattamenti 'ordinari'),
sconta il 'peso' di un "vecchio welfare ha scaricato i costi di
una società in declino demografico sui giovani", mentre
bisognerà "riequilibrare la situazione". È lo scenario delineato
nel libro di Pasquale Tridico "Il lavoro di oggi, la pensione di
domani. Perché il futuro del Paese passa dall'Inps", scritto con
Enrico Marro per Solferino editore, e uscito ieri, 24 febbraio;
l'autore, che presiede l'Istituto di previdenza pubblico dal 22
maggio del 2019, esaminando - cifre alla mano - tanto gli
effetti delle 'baby pensioni' (uno degli "errori" del
Legislatore, "di cui ancora paghiamo il prezzo"), quanto
iniziative come Quota 103 ed il Reddito di cittadinanza, tiene a
sottolineare come ogni intervento sulle pensioni debba essere
pensato nei suoi effetti di lungo tempo, pena i danni del
passato sui conti pubblici e le sperequazioni tra le categorie.
Difatti, si legge nel testo, "mentre chi ha cominciato a
lavorare prima del 1996 (con sistema di calcolo del trattamento
retributivo e misto retributivo-contributivo) ha diritto a
un'integrazione dell'assegno fino al raggiungimento della
pensione minima (572 euro al mese nel 2023), chi sta interamente
nel contributivo riceverà soltanto l'importo maturato sulla base
dei versamenti fatti durante l'intera vita lavorativa". E, "dopo
il 1995, se uno ha fatto molto precariato e ha ricevuto
retribuzioni basse, rischia di avere una pensione da fame", ma -
scandisce Tridico - in "una società solidale come la nostra, non
possiamo permetterci di avere individui con pensioni al di sotto
della soglia di sopravvivenza".
Da qui l'esigenza, a giudizio della guida dell'Inps, di un
'restyling' del welfare, che nel futuro dovrà "preoccuparsi di
promuovere la natalità, la formazione permanente e il
collocamento al lavoro, perché si cambierà occupazione sempre
più spesso", mentre occorrerà "poggiare il sistema pensionistico
anche su una base di finanziamento fiscale", nonché "promuovere
l'invecchiamento attivo. E riequilibrare - chiosa - la spesa a
favore dei giovani".
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